Sono stati condannati a otto anni e un mese di reclusione i tre ragazzi di fede islamica che hanno adescato Itay Kashti, un produttore discografico ebreo israeliano.
Secondo la sentenza pronunciata venerdì scorso dal giudice Catherine Richards del tribunale gallese di Swansea, è scritto che Faiz Shah, 23 anni, Mohammad Comrie, 23 anni e Elijah Ogunnubi-Sime di 20 anni erano “motivati da eventi che si svolgono in altre parti del mondo” e avevano messo la vittima nel mirino perché ebreo e ricco.
L’ennesimo grave episodio dell’ultimo anno e mezzo contro gli ebrei del mondo si era verificato il 26 agosto 2024.
Faiz Shah, Mohammad Comrie, e Elijah Ogunnubi-Sime sfruttando Telegram si erano celati dietro una fantomatica e rispettabile società di produzione invitandolo Itay Kashti via email a un finto workshop in una villetta.
Arrivati sul posto, il produttore discografico israeliano e il taxista erano stati aggrediti dai tre che indossavano delle maschere. Il guidatore del taxi era riuscito a sfuggire facendo scattare l’allarme, Kashti era riuscito a chiamare la moglie al telefono.
I tre aggressori erano stati arrestati nelle vicinanze dalla polizia.
Nella villa erano state ritrovate tracce di sangue della vittima e i cavi usati per legarlo a un calorifero.
Kashti in tribunale aveva dichiarato: “È stato il mio 7 ottobre”.
L’abbiamo scritto diverse volte, da quel maledetto giorno, le aggressioni a ebrei e israeliani nel mondo hanno raggiunti numeri che fanno impressione.
A colpire di questo episodio è la giovane età degli aggressori, che hanno pianificato la propria azione emulando quella del terrorismo arabo-palestinese che un anno e mezzo fa decise di dichiarare guerra a tutti gli ebrei del mondo, con il beneplacito di molti, il cui antisemitismo endogeno fa più paura di quello dichiarato.