Due storie che si intrecciano, tra Israele e il West Bank, entrambe a lieto fine.
Un 38enne palestinese viene scoperto a risiedere illegalmente in Israele con falsi documenti, ma il giudice israeliano chiede clemenza nei suoi confronti perché mesi prima si era contraddistinto per un grande merito: aveva salvato la vita a due ebrei che stavano per essere linciati.
L’estate scorsa, poco tempo prima dell’Operazione Margine Protettivo, due israeliani ebrei, un medico e suo figlio, si perdono nei meandri del West Bank, andando a finire accidentalmente in un villaggio arabo. È durante il periodo del Ramadan, per le vie le luci sono a festa e nelle strade riversa molta gente. È notte e il guidatore è molto nervoso; cerca di uscire dal villaggio il prima possibile, ma gli abitanti del luogo suggeriscono indicazioni sbagliate, probabilmente proprio per indurli in errore. Il medico si accorge di essere inseguito, finché non giunge in una strada senza uscita, dove un uomo apre la portiera e gli strappa gli occhiali di dosso; l’israeliano se li riprende con forza e fugge a tutto gas in retromarcia. Nel frattempo – si legge sul quotidiano israeliano YnetNews – il figlio, amico di uno dei tre studenti che poco prima erano stati rapiti proprio nel West Bank, chiama la polizia e, fatalità del caso, a rispondere è lo stesso operatore che aveva ricevuto a chiamata dei tre ragazzi successivamente uccisi. Sembra un incubo, nel labirinto di strade e vicoli papà e figlio incontrano di nuovo una via interrotta, ma a bloccare l’inversione questa volta vi è una macchina da cui degli uomini iniziano a lanciare grosse pietre.
<<Ho visto la morte in faccia>> racconta il medico durante la testimonianza in favore del palestinese accusato di clandestinità, <<Fino a quando questo ragazzo dello stesso villaggio ci ha detto: “Vi viglio vivi, entrate in casa mia fino a quando non arriva l’esercito”>>.
Il giovane, insieme alla sua famiglia composta da circa venti persone, fa da scudo agli israeliani bersagliati dalle pietre e introduce gli ospiti nella sua abitazione, intorno alla quale i parenti fanno da barriera affinché gli aggressori non entrino. I soldati di Zahal arriveranno dopo 45 minuti.
Per il coraggio e l’umanità, il giudice Shamai Becker, della Corte di Tel Aviv, ha definito il ragazzo palestinese un Giusto tra le Nazioni ed ha chiesto che i giorni di detenzione scontati fino al processo possano bastare come pena, senza ulteriori punizioni. <<Ho usato la definizione di Giusto come stabilito dal museo di Yad Vashem perché il ragazzo palestinese e la sua famiglia hanno difeso il medico e suo figlio nonostante il pericolo di ritorsioni per aver salvato degli ebrei>>. Lo stesso magistrato, ha ricordato inoltre che già ad altri due componenti della stessa famiglia palestinese è stato concesso un visto in Israele e che sarebbe opportuno, a suo avviso, concedere la medesima opportunità anche al 38enne.
Come dice un detto israeliano: “Solo l’amore può portare altro amore”. Un’opportunità in più per dimostrarlo alle due società civili.