380 persone uccise perché ebree. Forse di più per un massacro che non risparmiò uomini, donne, né bambini.
Era il 10 luglio 1941, a Jedwabne, in Polonia. La Germania nazista aveva ripreso il controllo dell’area ai danni dei sovietici.
La Seconda Guerra Mondiale imperversava sull’Europa e sul mondo, ma soprattutto sugli ebrei, vittime di pogrom di cui ancora oggi si fa fatica a raccontarne la storia.
Perché quanto successe a Jedwabne fu un abominio. I non ebrei del luogo circondarono gli ebrei di Jedwabne e quelli dei villaggi vicini di Wizna e Kolno venuti in visita, che vennero portati nella piazza per essere picchiati e uccisi.
Fra loro, c’è chi fu costretto, come il rabbino della comunità locale, a demolire il monumento dedicato a Lenin, costruito durante l’occupazione dell’Unione Sovietica.
Non solo, perché le stesse persone furono uccise e buttate in una fossa comune assieme ai pezzi del monumento distrutto.
Una follia omicida e una cattiveria inaudita che non ebbero fine per i sopravvissuti agli scontri avvenuti nella piazza, che furono rinchiusi e bruciati vivi in un granaio, cui venne appiccato il fuoco.
La triste vicenda diventò per la storia “Il pogrom di Jedwabne”. Una vicenda che diversi anni fa tornò a occupare le cronache, causa gli autori materiali.
Nei primi decenni dopo la Guerra, la responsabilità era ritenuta essere della Germania nazista, poi uno studio ribaltò la questione, puntando il dito contro i polacchi, istigati dai tedeschi a commettere il massacro.
La controversia è arrivata fino ai giorni nostri. Nel 2018, infatti, il sito web argentino Pagina 12 venne denunciato dalla Polonia per aver scritto un articolo, in cui si attribuiva una corresponsabilità agli abitanti polacchi.
La denuncia rientrava in quel tentativo di Varsavia di non associare i crimini commessi durante la Seconda Guerra Mondiale ai polacchi.
Nel 2001, però, in occasione del 60° anniversario del pogrom venne eretto un monumento commemorativo nel luogo del pogrom e in quell’occasione l’allora presidente della Polonia Aleksander Kwaśniewski si scusò per l’accaduto a nome suo e:
“A nome di quei polacchi la cui coscienza è stata scossa da quello che era successo qui 60 anni fa”.
Negli anni successivi – evidentemente – qualcosa deve essere ricambiato nella coscienza dei governati polacchi…