È impossibile stabile chi abbia ucciso Shrireen Abu Akleh. Il dipartimento di Stato americano ha spiegato, infatti, che non si può ricostruire con esattezza cosa sia avvenuto l’11 maggio scorso a Jenin, dicendo espressamente di non poter giungere a nessuna “conclusione definitiva”.
Ripetiamo: l’esame statunitense sul proiettile che ha ucciso la giornalista di Al Jazeera non ha potuto stabilire chi abbia premuto il grilletto.
Il risultato comunicativo, però, è ben diverso. Non solo perché gran parte dei media hanno subito incolpato Israele, ma anche perché lo Stato ebraico è stato accusato di aver ucciso Shrireen Abu Akleh in maniera volontaria.
Media che hanno titolato puntando il dito contro Gerusalemme, salvo poi essere più cauti all’interno dell’articolo.
CNN, il New York Times e il Washington Post in precedenza avevano pubblicato proprie indagini, sostenendo che la mano che dato la morte a Shrireen Abu Akleh fosse israeliana, senza aver potuto analizzare il proiettile.
In estrema sintesi: indagini nulle perché non hanno analizzato l’unica cosa che doveva analizzare: la pallottola mortale.
Il segretario generale dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina Hussein a-Sheikh al termine dell’indagine americana ha twittato:
“Non consentiremo tentativi di nascondere la verità o di fare solo riferimenti timidi quando si punta il dito di accusa verso Israele. Il governo dell’occupazione è da ritenersi responsabile per l’assassinio di Abu Akleh. Porteremo avanti le nostre procedure nelle Corte internazionali”.
Hussein a-Sheikh ha fatto finta di dimenticare che anche il medico palestinese, che ha eseguito l’autopsia di Shrireen Abu Akleh aveva dichiarato l’impossibilità di stabilire chi l’avesse uccisa.
La domanda che ci dobbiamo porre è: perché una giornalista uccisa è stata fatta diventare una martire palestinese?
Shrireen Abu Akleh, nata a Gerusalemme nel 1971 da una famiglia araba cristiana di Betlemme appartenente alla comunità greco-melchita, trascorse diverso tempo negli Stati Uniti, dove riuscì a ottenere la cittadinanza.
Frequentò la scuola secondaria a Beit Hanina, per poi immatricolarsi alla Jordan University of Science and Technology per studiare architettura, senza concludere gli studi. In seguito si postò in Giordania, dove frequentò la Yarmouk University laureandosi in giornalismo.