A Gerusalemme si piange, a Gaza si ride e si mangiano dolcetti. Sono queste le opposte reazioni israeliane e palestinesi all’attentato compiuto da Hamas nella capitale dello Stato ebraico, che ha portato la morte di un passante (oltre all’attentatore) e il ferimento di altre quattro persone, di cui una maniera grave.
Il tutto si è svolto in meno di un minuto a poca distanza dal Kotel (Muro del Pianto), nel quartiere ebraico della città vecchia.
Il terrorista palestinese ha utilizzato un’arma da fuoco, a differenza degli abituali coltelli, per sparare su un gruppo di religiosi, che tornavano dalle preghiere, oltre che verso soldati e poliziotti.
E, infatti, a morire per la lucida follia del terrorista palestinese è stato il giovane sudafricano Eliyahu Kaye, immigrato che in Israele per arruolarsi nell’esercito e rimasto da civile.
Gli investigatori hanno commentato che “per fortuna le vie erano quasi vuote altrimenti sarebbe stata una strage”.
Ma chi era l’attentatore palestinese che ha seminato terrore a Gerusalemme?
Il suo nome era Fadi Abu Shkhaydam, membro di Hamas, uno dei dirigenti dell’organizzazione terrorista a Shuafat, nonché sacerdote e insegnante che indottrinava adulti e bambini con sermoni carichi di odio verso “gli infedeli”.
In una predica dello scorso anno, Fadi Abu Shkhaydam disse che:
“Gli ebrei e i cristiani sono i maestri dell’eresia che diffondono ingiustizia e che vendono le loro coscienze, sono le creature più malvagie”.
Altro dettaglio tutt’altro che trascurabile è il fatto che Shkhaydam era in possesso di una carta di identità con residenza a Shuafat, quartiere arabo di Gerusalemme, che gli consentiva libertà di movimento e quindi alcuna barriera per neutralizzarlo.
Hamas ha rivendicato ufficialmente l’attentato, distribuendo dolci per le strade di Gaza. Perché quando Israele piange i suoi morti, nella Striscia si gioisce.
Hamas che ha puntato il dito contro la capitale d’Israele: “milioni di jihadisti stanno arrivando a Gerusalemme”.