Sono stati identificati i responsabili degli insulti antisemiti, che avevano interrotto tre diverse occasioni online su Zoom dedicate alla Giornata della Memoria.
Sono un 21 enne e 7 minorenni, sottoposti a perquisizioni da parte della polizia di Stato e accusati di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica o religiosa, violenza privata e accesso abusivo a un sistema informatico.
Perquisizioni, coordinate dalla Digos di Milano, ed effettuate a Bari, Bologna, Brescia, Palermo, Roma, Torino, Trapani e Treviso, che hanno portato all’individuazione di coloro che hanno utilizzato gli apparecchi elettronici sottoposti a sequestro.
Secondo gli investigatori, gli 8 ragazzi interagivano in una chat su Telegram denominata “zoommannari”, che allo stato attuale non risulta più attiva.
I giovani coinvolti sembrerebbero non appartenere ad alcun gruppo politico e, per tanto, avrebbero giustificato le loro azioni semplicemente come un gesto goliardico.
Se veramente le loro intrusioni antisemite non hanno una matrice politica, la situazione, per certi versi, è ancora più grave.
Perché la goliardia è un peccato perdonabile, sempre che rientri nelle marachelle adolescenziali, che fanno parte di un normale processo di crescita.
Ma se la goliardia sfocia in insulti antisemiti e sul non rispetto per i morti, allora non è perdonabile.
Perché la goliardia non può essere associata ai morti ammazzati, figuriamoci a coloro che furono deportati e costretti a vivere i lager nazisti prima di essere gasati.
Questo episodio fa capire che c’è molto da lavorare sulla memoria e sul rispetto reciproco. E quando la memoria viene calpesta e si unisce all’assenza di rispetto, prima o poi diventa antisemitismo.