La morte di Alberto Nisman, procuratore federale che indagava sulla strage al centro AMIA del 1994, è ancora al centro dell’attenzione di molti media a causa dei tanti misteri sul suo apparente suicidio. Il fondatore di The Times of Israel David Horovitz ne parla in un editoriale apparso sul sito il 20 Gennaio e, nonostante la vicenda sia ancora in evoluzione, ve lo proponiamo in forma tradotta.
Alberto Nisman si è suicidato? Uccidiamo questa bugia
Quando Lunedi mi sono messo a scrivere riguardo alla morte del coraggioso pubblico ministero di Buenos Aires che ha svelato la regia iraniana e di Hezbollah dietro all’attentato del 1994 al centro AMIA, non ho nemmeno menzionato la pretesa iniziale delle autorità argentine secondo cui Alberto Nisman si era suicidato per quanto era offensivo e ridicolo il pensiero.
Il giorno dopo, però, l’idea assurda che Nisman si sia tolto la vita è diventata l’affermazione dominante delle autorità argentine. Fermiamo questa pesante bugia, quello di Alberto Nisman non è un suicidio.
(Che possa essere stato costretto a puntarsi una pistola alla testa, una possibilità lasciata aperta dal pm che sta indagando, è abbastanza plausibile ma non si tratterebbe di suicidio bensì di omicidio)
Ho appena avuto una conversazione con l’autore argentino nato in Israele Gustavo Perednik il quale ha scritto un libro sul caso AMIA lo scorso anno – “To Kill Without a Trace” – e che era un buon amico di Nisman. “E’ spazzatura, bugie” si affretta a dire Perednik riguardo alle spregevoli dichiarazioni di suicidio.
Perednik, che era in costante contatto con Nisman e lo aveva incontrato a Buenos Aires un mese fa, rileva che sia la personalità che la tempistica della morte di Nisman rendono risibile l’idea del suo suicidio.
Nisman era un ottimista, gli piaceva giocare a tennis e si godeva la vita. Ha parlato del suo divorzio di un anno fa come di una liberazione perché era totalmente dedicato al suo lavoro. Era un uomo che si era scrollato di dosso le minacce di morte, equilibrato, concentrato, dignitoso e raffinato.
Per quanto riguarda la tempistica, Perednik si dispera all’idea che qualcuno sia disposto a tollerare che un procuratore che ha trascorso un decennio a capo di un team di 30 persone per indagare sul peggior attacco terroristico mai commesso in Argentina; che ha individuato i leader iraniani che lo hanno ordinato e li ha messi sulla lista dei ricercati dell’Interpol; che ha tracciato e riconosciuto i nomi dei terroristi di Hezbollah che hanno eseguito l’attentato; che ha mostrato a tutti il network terroristico iraniano ancora attivo nel Sud America; che stava per rendere noti i presunti sforzi della Presidente Cristina Kirchner e del Ministro degli esteri Hector Timerman di insabbiare il ruolo dell’Iran – che quest’uomo avrebbe scelto di togliersi la vita poche ore prima di testimoniare a un’udienza del Congresso.
Perché allora le autorità argentine dicono che Nisman è stato trovato morto con una ferita da arma da fuoco “auto-inflitta” in un appartamento chiuso con nessun segno di effrazione? Perednik è conciso e abbattuto riguardo sia la motivazione che le capacità: un governo in grado di mascherare il ruolo dell’Iran può non essere in grado di produrre la morte di un procuratore in un appartamento chiuso? Perednik afferma: “Nella nostra ultima conversazione Nisman mi ha detto che la sua inchiesta ha la forza sia di farli fuggire (gli alti dirigenti argentini) che di mandarli in galera. Mi ha detto “ho intenzione di metterli in galera”, Domenica era la loro ultima possibilità di fermarlo.”
Perednik mi ha anche dato i nomi di 2 uomini che ritiene possano essere stati coinvolti nell’omicidio ma ha sottolineato di non avere prove. Ha anche rimarcato di non sapere niente del coinvolgimento presidenziale: “Non so quanto puoi arrabbiarti quando sei di fronte a un procuratore che sta per affossarti. Forse qualcuno ha detto “E’ arrivato troppo a fondo” e lei (la Presidente) non ha detto nulla.”
Il caso AMIA era risolto
Una seconda bugia che è importante inchiodare in quanto diffusa in tutto il mondo da giornalisti che dovrebbero essere più informati, è che il caso AMIA non è mai stato risolto. Non solo Nisman è stato assassinato, i suoi 10 anni di lavoro vengono anche travisati, addirittura cancellati. Il caso AMIA è stato enfaticamente risolto da Alberto Nisman.
Come ho riportato Lunedì, Nisman tracciò l’orchestrazione dell’attentato fino alla riunione di Agosto 1993 della leadership iraniana in cui è stato commissionato e ha identificato i cospiratori chiave per la soddisfazione dell’Interpol. Sappiamo chi ha ordinato l’attentato – un comitato del governo iraniano guidato dal leader supremo Ali Khamenei e dal Presidente Hashemi Rafsanjani. Sappiamo chi lo ha organizzato – il defunto e mai rimpianto capo dei terroristi di Hezbollah Imad Mughniye. E sappiamo tutto di Ibrahim Berro, il kamikaze che ha guidato il furgone Renault Traffic riempito di esplosivo fin dentro l’edificio il 18 Luglio 1994 uccidendo 85 innocenti. Tutto questo grazie a Alberto Nisman.
Risolvere il caso, questo va detto, non equivale a portare i colpevoli alla giustizia. Nonostante gli sforzi di Nisman, i cospiratori iraniani non sono stati accusati, processati e incarcerati – in buona parte, stava per asserire Nisman, a causa del doppio gioco della Kirchner. Se è così, si tratta di un’ironia potente e terribile dato che è stato il suo defunto marito Nestor Kirchner, inorridito da anni di indagini viziate, distorte e politicizzate sull’attacco all’AMIA, a nominare Nisman un decennio fa proprio per arrivare alla verità e diffonderla.
Il momento della verità argentino
Perednik vede accuratamente nell’uccisione di Alberto Nisman un “colpo devastante” per la giustizia, la morte di un “simbolo di pura dedizione alla verità, un mondo distrutto e una vittoria per i malfattori.”
Non crede però che l’intera battaglia sia necessariamente persa. Nomina Jaime Stiusso, un ex alto ufficiale della Segreteria dell’Intelligence (S.I.), che è stato licenziato dalla Kirchner, il funzionario più in grado di andare a fondo sull’uccisione di Nisman e di riorganizzare e produrre le prove, tra cui presumibilmente le compromettenti intercettazioni, che Nisman era sul punto di presentare.
Più in generale, è incoraggiato dal vedere migliaia di manifestanti argentini scendere in piazza Lunedì per protestare contro la morte di Nisman e chiedere che sia fatta giustizia. “Alcuni di loro”, osserva Perednik, “esibivano cartelli con scritto Io Sono Nisman, e altri con scritto Cristina Killer.”
“Questa non è l’Argentina di qualche decennio fa, quando la gente poteva semplicemente sparire” dice Perednik. “Fondamentalmente i manifestanti accusano la Presidente di omicidio e, nell’Argentina di oggi, le autorità non possono mandare la polizia contro di loro. Se l’opposizione non lascia passare tutto questo la morte di Nisman potrebbe non essere vana.”
“Glielo ho sempre detto, ti uccideranno” racconta Perednick riguardo alle sue conversazioni con Nisman nel corso degli anni. “Lui in realtà non ci credeva. Forse era ingenuo ma credeva nella giustizia argentina.”
Che nessuno si lasci ingannare. Alberto Nisman aveva torto. E’ stato deluso dalla giustizia argentina. La prova ora è se ai malfattori, in Argentina e in Iran, verrà permesso di trionfare pienamente. Se i terroristi e gli assassini saranno liberi di tramare ed eseguire ulteriori atrocità o se l’onestà, l’integrità la resilienza e la giustizia si riaffermeranno.
Questa lotta inizia con un’indagine onesta sull’uccisione di Alberto Nisman e la presentazione, per un’onesta valutazione, delle prove – le incendiarie e mortali prove – che stava per rendere pubbliche.