Emanuele Filiberto di Savoia ha chiesto perdono a nome di tutto il Casato per le leggi razziali, firmate da Re Vittorio Emanuele III, suo bisnonno, nel 1938.
L’erede di casa Savoia ha porto le proprie scuse in una lettera, letta al tg5 dell’edizione serale:
“Mi rivolgo a tutti voi, Fratelli della Comunità Ebraica italiana, per esprimervi la mia sincera amicizia e trasmettervi tutto il mio affetto nel solenne Giorno della Memoria. Vi scrivo a cuore aperto una lettera certamente non facile, una lettera che può stupirvi e che forse non vi aspettavate. Eppure sappiate che per me è molto importante e necessaria, perché reputo giunto, una volta per tutte, il momento di fare i conti con la Storia e con il passato della Famiglia che oggi sono qui a rappresentare, nel nome millenario di quella Casa Reale che ha contribuito in maniera determinante all’unità d’Italia, nome che orgogliosamente porto”.
La missiva continua così:
“Scrivo a voi, Fratelli Ebrei nell’anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, data simbolo scelta nel 2000 dal Parlamento della Repubblica Italiana, a memoria perpetua di una tragedia che ha visto perire per mano della follia nazi-fascista 6 milioni di ebrei europei, di cui 7500 nostri fratelli italiani. È nel ricordo di quelle sacre vittime italiane che desidero oggi chiedere ufficialmente e solennemente perdono a nome di tutta la mia Famiglia”.
Alla lettera di Emanuele Filiberto hanno risposto l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Comunità Ebraica di Roma.
Ucei ha scritto in una nota (ne riportiamo una parte):
“Oggi, dopo 82 anni il discendente, il bisnipote Emanuele Filiberto, afferma un sentimento di ripudio e condanna rispetto a quanto avvenuto. Un lasso di tempo molto lungo. Perché ora? Si tratta in ogni caso di un’iniziativa che è da ritenersi ad esclusivo titolo personale, rispondendo ciascuno per i propri atti e con la propria coscienza. Né l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane né qualsiasi Comunità ebraica possono in ogni caso concedere il perdono in nome e per conto di tutti gli ebrei che furono discriminati, denunciati, deportati e sterminati”.
Anche la CER ha risposta tramite una nota:
“Prendiamo atto delle dichiarazioni di Emanuele Filiberto di Savoia Il rapporto con Casa Savoia, nella storia e nella memoria è noto e drammatico. Ciò che è successo con le leggi razziali, al culmine di una lunga collaborazione con una dittatura, è un’offesa agli italiani, ebrei e non ebrei, che non può essere cancellata e dimenticata. Il silenzio su questi fatti dei discendenti di quella Casa, durato più di ottanta anni è un’ulteriore aggravante. I discendenti delle vittime non hanno alcuna delega a perdonare e né spetta alle istituzioni ebraiche riabilitare persone e fatti il cui giudizio storico è impresso nella storia del nostro Paese”.
Le scuse di Emanuele Filiberto sono una presa di coscienza – molto tardiva – dell’infamità delle leggi razziali, che fecero vivere gli ebrei italiani come cittadini di serie B. 82 anni sono un tempo estremamente lungo per porgere le proprie scuse. Potrebbero volercene altrettanti per accettarle o rifiutarle.
Ma il problema, non è neanche questo. La stragrande maggioranza di quegli ebrei italiani che sono state vittime delle leggi razziali non ci sono più. Noi, che ne abbiamo ereditato la memoria, non siamo nella facoltà per poter decidere se accettare o rifiutare le scuse.
Solamente chi ha subito quelle atrocità sulla propria pelle, è in diritto di farlo. Ma oggi, come già detto, la maggior parte di quelle persone non c’è più.
Non c’è più sia perché decedute di morte naturale, sia perché a ucciderle sono state proprio le conseguenze delle leggi razziali.