Israele e “i territori” dal punto di vista del diritto internazionale
Il presente articolo dedicato ad Israele e ai “territori” conquistati dopo la guerra del ’67, vuole essere uno strumento di conoscenza per cercare di fare chiarezza su un argomento molto dibattuto e molto strumentalizzato dal punto di vista politico ma, di fatto poco conosciuto. Le considerazioni prese in esame scaturiscono esclusivamente dall’analisi del diritto internazionale.
Per prima cosa bisogna individuare quali sono le aree denominate “territori”. Questa denominazione è diventata espressione comune, soprattutto in ambito politico e diplomatico, a partire dalla fine degli anni ‘70 dopo gli Accordi di Camp David e il trattato di pace con l’Egitto. Da questo momento in avanti, Israele inizia il ritiro del proprio esercito dalla penisola del Sinai, uno dei “territori” conquistati dopo la vittoria nella Guerra dei Sei giorni.
Si ricorda, brevemente, che Israele alla fine della Guerra dei Sei giorni, conquistò i territori della Giudea e Samaria (West Bank o Cisgiordania) in quel momento sotto illegale occupazione giordana, del Golan e della penisola del Sinai. (vedi Mappa n.1).
Va sottolineato che la Guerra del ’67 fu una guerra difensiva per Israele – come sancito dalla Risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Si tratta di un punto di estrema importanza sotto il profilo del diritto internazionale, visto che esso non ammette (art. 2 dello Statuto ONU) la guerra come mezzo di conquista territoriale ma esclusivamente come mezzo di difesa del proprio territorio (art. 51 dello Statuto ONU).
Quindi, per “territori” si intendono i diversi territori di Giudea e Samaria (West Bank o Cisgiordania), Striscia di Gaza, alture del Golan e penisola del Sinai. Questi territori conquistati da Israele nel 1967 vanno considerati come tre casi distinti da affrontare, in quanto la loro posizione giuridica differisce in base al fatto che erano territori con caratteristiche giuridiche ante guerra molto diverse:
- Penisola del Sinai;
- Giudea e Samaria (West Bank) e Striscia di Gaza;
- Alture del Golan;
Per quanto concerne la penisola del Sinai, non vi sono dubbi che fino al giugno 1967, fosse sotto la sovranità riconosciuta dell’Egitto, in quanto il confine, internazionalmente riconosciuto (anche se fino al 1979 in seguito alla firma del trattato di pace tra Egitto e Israele si trattava semplicemente di una linea di armistizio), era quello che divideva la penisola del Sinai dal Mandato britannico di Palestina come sancito dalla Società delle Nazioni nel 1922 con atto vincolante (vedi Mappa n.2) ribadito nel momento in cui l’Egitto diventava pienamente indipendente nel 1932. Il confine, tra i due paesi, nella zona nord, passava da Rafah. Ne consegue che, l’occupazione egiziana della Striscia di Gaza avvenuta nel 1948, con una atto di aggressione armata contro Israele, non era legale dal punto di vista del diritto internazionale.
Dal punto di vista del diritto internazionale, la conquista territoriale israeliana sul fronte egiziano avvenuta nel 1967, va considerata in maniera differente: conquista di un territorio (Striscia di Gaza) del quale Israele aveva (fino al 2005 quando si ritirò e rinunciò ad ogni rivendicazione) diritto di sovranità ma non ne aveva il possesso a causa dell’occupazione illegale egiziana, e di un territorio (penisola del Sinai) del quale non aveva diritto di sovranità.
Riguardo alla Striscia di Gaza non vi erano dubbi, per il diritto internazionale, che l’Egitto ne avesse piena sovranità. La conquista di Israele pur essendo legale (in base all’art. 51 dello Statuto ONU), non aveva basi giuridiche per rivendicarne la sovranità – cosa che Israele non ha mai cercato – la questione doveva essere risolta tra le parti con un accordo giuridicamente valido. Tale accordo fu raggiunto con il trattato di pace firmato il 26 marzo 1978, nel quale Israele si impegnava a ritirarsi dalla penisola del Sinai fino ai confini “mandatari”, quindi, nella zona nord il confine ritornava ad essere quello di Rafah. Ogni rivendicazione egiziana sulla Striscia di Gaza cessava. Ad essere precisi un piccolo contenzioso era aperto in merito al confine all’estremo sud della penisola: nella zona di Taba. Entrambe le parti ne rivendicavano il possesso. Fu istituita una commissione arbitrale internazionale che stabilì – utilizzando vecchi documenti e cartine degli anni ’10 e ’20 – che il territorio in questione e la cittadina di Taba erano sempre state formalmente sotto il controllo egiziano (anche sotto protettorato britannico). Quando, nel 1922, fu istituito ufficialmente il Mandato britannico per la Palestina, tale zona era sotto sovranità egiziana. Israele accettò la decisione della commissione senza eccepire.
E’ importante comprendere che i confini degli Stati attuali, in mancanza di accordi tra Stati confinanti come è successo nella stragrande maggioranza dei casi, sono definiti da un principio che è diventato un punto fondamentale del diritto internazionale: il “Principio della successione degli Stati” o uti possidetis, principio universalmente accettato tranne nel caso di Israele. Cosa stabilisce questo principio? Che i confini di un nuovo Stato ricalchino esattamente i confini dell’entità statuale che l’ha preceduto. Questo principio è stato utilizzato per designare i confini degli Stati nati dal processo di decolonizzazione, dagli Stati nati dai Mandati della Società delle Nazioni e dagli Stati nati dall’implosione di Stati multietnici come ad esempio URSS e Yugoslavia. Lo scopo principale di questo Principio è quello di ridurre il più possibile i contenziosi tra gli Stati per evitare guerre per dispute di confine.
Per quanto riguarda la Striscia di Gaza, la situazione era più complessa dal punto di vista del diritto internazionale. Come evidenziato, il vecchio confine internazionale tra l’Egitto e il Mandato britannico per la Palestina, fino al 1948, passava dalla città di Rafah a nord (vedi Mappa n.3) e a Taba a sud.
Dopo la creazione dello Stato di Israele, l’Egitto, assieme ad altri quattro Stati arabi, invasero il neonato Stato con l’intento di distruggerlo e spartirsi il territorio. L’esercito egiziano entrò nel territorio israeliano da sud. L’obiettivo dell’alto comando egiziano era quello di puntare alla città di Tel Aviv a nord e Beer Sheva ad est. Dopo aspri scontri l’esercito egiziano fu fermato. Le posizioni tra i due eserciti si cristallizzarono in quella porzione di territorio – una sorta di lingua di terra – israeliana che per la sua conformazione sarà conosciuta da tutti come la Striscia di Gaza. Va subito sottolineato che l’armistizio firmato tra Israele ed Egitto a Rodi nel febbraio del 1949, sancì una linea di cessate il fuoco e non un confine internazionale riconosciuto dalle parti. Su insistenza araba fu sottolineato il fatto che le linee di cessate il fuoco non costituissero dei confini. Si riporta l’articolo V punto 2 dell’accordo per il cessate il fuoco:
2. The Armistice Demarcation Line is not to be construed in any sense as a political or territorial boundary, and is delineated without prejudice to rights, claims and positions of either Party to the Armistice as regards ultimate settlement of the Palestine question.
[La linea armistiziale non è da considerarsi in nessun modo come un confine politico o territoriale, ed è delineata senza pregiudicare i diritti, le rivendicazioni e le posizioni di entrambe le parti in merito alla risoluzione definitiva quella questione relativa alla Palestina.]
La stessa logica fu utilizzata nell’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Giordania. Cosa che vedremo approfonditamente nel prossimo articolo.
Quindi per quanto detto finora è evidente che non si possa, in nessun modo, parlare dei “confini del ‘67” come in ambito politico, diplomatico e dell’informazione si è soliti definire le posizioni congelate nel 1949 tra Israele, Egitto e Giordania. Poi perché del ’67? Le posizioni sono quelle del 1949 e non sono in nessun modo dei confini ma delle linee per il cessate il fuoco. Perché allora si dice “confini del ‘67”? per ragioni esclusivamente politiche. Questa espressione implicitamente sottende che fino al 1967 esistessero dei confini, senza mai precisare chi fossero gli Stati confinanti per utilizzare forti pressioni politico diplomatiche su Israele al fine di costringerlo ad abbandonare questi territori.
Ma allora per il diritto internazionale a chi appartiene la Striscia di Gaza? Fino al 2005 e al ritiro unilaterale israeliano e alla contestuale rinuncia di sovranità, Israele era lo Stato titolato a rivendicarne il possesso per il succitato principio di successione degli Stati, essendo stata parte del territorio mandatario di cui Israele è il legittimo successore. Dal 2005 ad oggi la sovranità è stata affidata all’ANP nell’ambito degli Accordi di Oslo.