L’ennesima dichiarazione dell’Autorità Nazionale Palestinese, l’ennesimo inutile autogol
Sembra che sia stato Karl Marx a scrivere che la storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa. Ma se le volte non sono due bensì tre, quattro, otto, che succede? Dalla farsa si passa all’avanspettacolo, alla barzelletta, alla macchietta… ma poi? Forse bisogna ricorrere al concetto psichiatrico di coazione a ripetere, in particolare alla considerazione che ne fa Freud come quel “processo incoercibile e di origine inconscia, per cui il soggetto si pone attivamente in situazioni penose, ripetendo così vecchie esperienze senza ricordarsi del prototipo”.
Purtroppo capita. Alle persone, ma anche alle organizzazioni politiche. In particolare a quelle palestiniste, che hanno una predilezione tutta speciale per due atti, entrambi molto solenni e del tutto privi di conseguenze. Il primo si capisce bene, è la proclamazione dello “Stato di Palestina”. Anche se si amministra un territorio più piccolo del Comune di Roma, senza una moneta propria o risorse economiche proprie (fra l’altro in maniera tirannica e corrotta, per esempio avendo un “presidente” eletto dodici anni fa per un mandato di quattro, che non ha mai da allora trovato l’occasione per tenere neanche uno straccio di elezione farsa, di quelle che si usano a Cuba o in Cina, per farsi rinnovare), dire che si è uno “Stato” dà certamente soddisfazione, soprattutto se ci sono dei buontemponi come i governanti europei e i democratici americani che ti stanno ad ascoltare con molto rispetto.
E però c’è un’altra cosa che l’Autorità Palestinese ama moltissimo ripetere ed è l’annullamento degli accordi con Israele. Che è come segare il ramo dell’albero su cui uno è seduto. Non solo sul piano formale, perché l’accordo di Oslo è quello su cui si fonda l’esistenza giuridica dell’Autorità Palestinese; soprattutto su quello pratico, perché senza l’assistenza dei servizi di sicurezza e la difesa dell’esercito israeliano Mohamed Abbas sarebbe immediatamente defenestrato e probabilmente ucciso da Hamas. Del resto la stessa passione ce l’ha anche il re di Giordania, con lo stesso problema, che il suo trono traballante è tenuto in piedi solo dalla tacita assistenza militare israeliana (e, come nel caso di Abbas, non per altruismo ebraico, ma per un ovvio calcolo di reciproca convenienza politica, che è chiaro a tutti i protagonisti). La differenza è che Abdallah di Giordania minaccia solo (e viene ascoltato solo dai politici di sinistra che sono entrati purtroppo in ruoli chiave nel governo israeliano), mentre Abbas non si risparmia e annulla gli accordi (sempre gli stessi già annullati) una settimana sì e l’altra pure. Vale la pena di leggere il comunicato con cui denuncia tutti gli accordi non solo con Israele ma con gli Usa), perché la coazione a ripetere non annulla in questo caso la barzelletta. Un po’ lunga ma divertente:
“Alla luce dell’accordo di coalizione del governo israeliano, secondo cui “dal 1 luglio 2020 il Primo Ministro potrà portare al Consiglio dei Ministri e alla Knesset l’accordo raggiunto con gli Stati Uniti sull’applicazione della sovranità”, e del discorso del Primo Ministro del governo dell’occupazione alla Knesset l’altro ieri, che […] prometteva l’applicazione della sovranità israeliana sulle colonie israeliane nei territori palestinesi […]
“Dato che l’amministrazione americana ha riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele e ha trasferito lì la sua ambasciata, e quindi ha pubblicato l ‘”accordo del secolo”, che ha posto le basi per la dichiarazione di annessione israeliana, […] oltre al suo sostegno agli insediamenti e all’occupazione coloniale israeliana del territorio dello stato della Palestina;
“Sulla base della nostra ferma convinzione sul diritto del nostro popolo di continuare nella sua lotta nazionale per porre fine all’occupazione e stabilire uno stato indipendente, contiguo e sovrano della Palestina con Gerusalemme Est come suo capitale, per risolvere il problema dei rifugiati sulla base dell’iniziativa di pace araba […] e liberare i prigionieri palestinesi dalle carceri e dai centri di detenzione israeliani;
“Poiché siamo interessati a raggiungere una pace giusta e globale basata sulla soluzione dei due stati, […] rispettando le decisioni del Consiglio Nazionale e del Consiglio Centrale dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, unico rappresentante legittimo del popolo palestinese, la leadership palestinese ha deciso oggi quanto segue:
“1. l’Organizzazione per la liberazione della Palestina e lo Stato della Palestina sono sciolti, da oggi, da tutti gli accordi e le intese con i governi americano e israeliano e da tutti gli impegni basati su tali intese e accordi, compresi quelli sulla sicurezza;
“2. l’autorità israeliana per l’occupazione, da oggi, deve assumersi tutte le responsabilità e gli obblighi di fronte alla comunità internazionale come potenza occupante sul territorio dello stato occupato della Palestina, con tutte le sue conseguenze e ripercussioni basate sul diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario […]
“3. riteniamo che l’amministrazione americana sia pienamente responsabile dell’oppressione subita dal popolo palestinese e la consideriamo un partner primario del governo israeliano di occupazione in tutte le sue decisioni e misure aggressive e ingiuste contro il nostro popolo. Tuttavia, accogliamo con favore tutte le posizioni degli altri partiti americani che hanno respinto le politiche di questa amministrazione ostili al nostro popolo e ai suoi legittimi diritti.
“4. continueremo a cercare di firmare come stato della Palestina gli accordi e convenzioni internazionali a cui non abbiamo ancora aderito
“5. ribadiamo il nostro impegno nei confronti della legittimità internazionale e delle pertinenti risoluzioni arabe, islamiche e regionali di cui facciamo parte e ribadiamo il nostro fermo impegno a combattere il terrorismo internazionale indipendentemente dalla sua forma o fonte
“6. riaffermiamo il nostro impegno per una soluzione al conflitto israelo-palestinese basato sulla soluzione dei due stati, con la nostra disponibilità ad accettare la presenza di terzi ai confini tra di loro, a condizione che si tengano negoziati raggiungere questo obiettivo sotto gli auspici internazionali […]
“7. chiediamo ai paesi del mondo che hanno respinto l’accordo del secolo, le politiche americane e israeliane e le loro misure che violano la legittimità internazionale e gli accordi, di non accontentarsi del rifiuto e della condanna ma di adottare misure dissuasive e imporre sanzioni per impedire allo stato di occupazione israeliano di attuare i suoi piani e la sua continua negazione dei diritti del nostro popolo. Chiediamo a coloro che non hanno ancora riconosciuto lo stato della Palestina di riconoscerlo rapidamente per proteggere la pace, la legittimità internazionale e il diritto internazionale e di attuare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza sul fornire protezione internazionale al nostro popolo nel suo stato occupato. Continueremo a perseguire l’occupazione per i suoi crimini contro il nostro popolo presso tutte le autorità e tribunali internazionali. In questo contesto, affermiamo la nostra fiducia nell’indipendenza e integrità della Corte penale internazionale
“8. ribadiamo il nostro omaggio a tutto il nostro popolo a casa e nella Diaspora per la sua pazienza, fermezza, lotta e sostegno dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, unico rappresentante legittimo del popolo palestinese. Promettiamo ai nostri martiri e eroici prigionieri e feriti che rimarremo fedeli al giuramento fino alla vittoria, alla libertà, all’indipendenza e al ritorno, per innalzare insieme la bandiera della Palestina sulla moschea di Al-Aqsa e la Chiesa del Santo Sepolcro nella nostra Gerusalemme, la capitale eterna del nostro stato palestinese.”
Ovviamente, nessuno dei precedenti avrà luogo. La cooperazione tra le forze di sicurezza dell’AP e Israele continuerà, perché serve gli interessi di Abbas quanto quelli di Israele. E naturalmente l’Autorità Palestinese ha bisogno delle risorse che arrivano da Israele e non ha la minima intenzione di mollare il controllo sull’amministrazione dei miliardi di aiuti su cui i suoi dirigenti lucrano e continuano a saccheggiare, che usano per pagare i terroristi, ma ancor di più per fare ciascuno i loro affari. Si tratta dunque dell’ennesima pietosa azione propagandistica. I punti che contano sono l’8 (baci e abbracci a chi ci sostiene) e il 7 (continueremo a cercare di danneggiare Israele con la guerriglia diplomatica e legale, visto che non riusciamo a farlo con le armi – ma copriamo i terroristi e soprattutto invitiamo chi si fa incantare dalla nostra propaganda a unirsi a noi per danneggiare Israele). Vedremo se questa mossa propagandistica otterrà il risultato sperato di far uscire l’Autorità Palestinese dal buco nero in cui si è cacciata per il suo rifiuto di accettare Israele per davvero e per il suo appoggio al terrorismo.