Uno degli avvenimenti della guerra civile della Palestina mandataria che più è impresso nella memoria è senza dubbio la strage avvenuta nel villaggio di Deir Yassin. Questo villaggio arabo – oggi inglobato nella municipalità di Gerusalemme – si trovava a pochi chilometri ad ovest di Gerusalemme nelle vicinanze della strada principale che collegava Gerusalemme a Tel Aviv.
Prima di entrare in merito ai fatti cruenti accaduti ad Deir Yassin, è opportuno tracciare un breve quadro della situazione che stava caratterizzando gli ultimi mesi del Mandato Britannico per Palestina che hanno preceduto il ritiro inglese e la nascita dello Stato di Israele.
Fin dai primi giorni che seguirono la Risoluzione 181 del 29 novembre 1947, con la quale l’Assemblea Generale dell’ONU suggeriva la partizione del Mandato di Palestina in due Stati, uno ebraico e uno arabo, iniziò una guerra civile portata avanti da arabi armati che non volevano la nascita di uno Stato ebraico. Queste azioni terroristiche erano portate avanti da arabi locali e da irregolari arabi che giunsero, principalmente, dalla Siria, dall’Iraq, dall’Egitto e dalla Giordania (in totale furono diverse migliaia di combattenti irregolari). Gli ebrei a loro volta si organizzarono, soprattutto a partire dai primi mesi del 1948, in azioni di contro guerriglia sempre più dure e determinanti per l’esito della futura guerra d’indipendenza contro gli eserciti arabi. L’esercito britannico, che avrebbe dovuto mantenere l’ordine e la legge fino al suo completo ritiro previsto per il maggio del 1948, si mostrò poco incline ad intervenire per porre fine agli attacchi arabi e ai successivi contrattacchi ebraici. La scusa era la progressiva diminuzione delle truppe sul territorio, in graduale ritiro, ma la realtà era che gli inglesi non volevano rischiare la vita dei soldati per porre un freno alla guerra civile che stava aumentando di intensità. In pratica lasciarono campo libero alle azioni terroristiche arabe e alle risposte militari ebraiche.
Nelle settimane successive alla risoluzione dell’ONU la situazione continuava a peggiorare progressivamente. Gli ebrei, ormai, per muoversi in sicurezza, tra una città e l’altra o per raggiungere i villaggi più isolati, dovevano farlo in convogli scortati da guardie armate. Tali incombenze erano svolte dall’Haganà o dalle Palmach. Il tragitto più pericoloso e bersagliato dagli attacchi arabi era la strada tra Tel Aviv e Gerusalemme, soprattutto il tratto da Latrun a Gerusalemme: qui una serie di villaggi arabi nelle circostanti colline favorivano le imboscate e le azioni dei cecchini.
A partire da gennaio 1948 gli attacchi e i contro attacchi divennero quasi quotidiani. Un gran numero di questi erano condotti dagli irregolari arabi che, come si è detto in precedenza, erano entrati in Palestina senza che gli inglesi facessero nulla per impedire la loro infiltrazione dai paesi circostanti. E’ da sottolineare che queste bande armate oltre che compiere raid e attentati, di fatto taglieggiavano e minacciavano la locale popolazione araba che viveva nei villaggi dove si insediavano.
La prima fase della guerra civile durata fino alla fine di febbraio era costata la vita a più di 400 ebrei, la quasi totalità civili, oltre a più di un migliaio di feriti. Le vittime arabe erano circa lo stesso numero ma quasi tutte armate e responsabili degli attacchi. Anche tra le truppe inglesi si contavano decine di morti e feriti.
La seconda fase della guerra civile vide un netto inasprirsi degli scontri e degli attentati. Ormai, ai quotidiani attacchi di cecchini e raid, si faceva sempre più ricorso ad attentati dinamitardi, da ambo le parti, che causavano decine di morti e feriti. Anche le truppe inglesi erano prese di mira, soprattutto dal gruppo terroristico dell’Irgun. Ad esempio nel Marzo ’48, 28 soldati inglesi morirono in un attentato dinamitardo che colpì il treno in cui viaggiavano nei pressi di Rehovot. La rappresaglia inglese fu durissima e colpì anche civili ebrei inermi. In questa fase degli scontri, sia gli arabi che gli ebrei accusavano le truppe britanniche di collaborare con il proprio avversario. Negli due ultimi mesi che li separavano dal ritiro completo, i soldati inglesi, rimasero acquartierati nelle loro basi o nelle città principali. Quando abbandonarono il paese il materiale bellico rimasto fu consegnato agli arabi (soprattutto alla Legione Araba del regno di Giordania).
Dalla seconda metà di marzo in avanti l’atteggiamento ebraico mutò radicalmente: da azioni prettamente difensive e di contenimento degli attacchi arabi (ad esclusione di alcune rappresaglie), passò ad un atteggiamento molto più aggressivo. Si attuò il cosiddetto piano D. Il piano D aveva lo scopo di rendere sicure le aree assegnate dall’ONU agli ebrei, soprattutto in previsione dell’invasione prospettata dai diversi eserciti arabi. Questo piano non era pienamente organico e orchestrato da un comando generale, ma era stato concepito per essere portato avanti dai comandanti dei vari settori in base alle situazioni militari locali.
Nel settore di Gerusalemme, la priorità era quella di rendere sicura la strada che conduceva alla futura capitale da Tel Aviv. Qui infatti transitavano la quasi totalità dei rifornimenti necessari per la popolazione civile che vi abitava (oltre 100.000 persone). La suddetta strada passava in un “corridoio” tra diverse colline che ospitavano villaggi arabi (su entrambi i lati del corridoio) da cui partivano continui attacchi ai convogli da e per Gerusalemme.
Per tutto il mese di Aprile, in questo settore, si verificarono numerosi combattimenti in diversi villaggi arabi – usati come basi per gli attacchi ai convogli – che venivano conquistati e riconquistati dai due contendenti. In uno di questi villaggi, quello di Qastal, tra il 3 e il 9 aprile 1948 si ebbero scontri durissimi che causarono la morte di 75 ebrei (molti di loro furono mutilati) e circa 90 arabi, tra i quali il loro più importante comandante: Abd al Qadir al Husseini. La spirale di violenze era ormai fuori controllo e gli inglesi non avevano intenzione di intervenire.
Il villaggio arabo di Deir Yassin, si trovava su una collina sul tratto di strada tra Qastal e Gerusalemme. Questo villaggio non rivestiva un’importanza strategica, essendo defilato rispetto alla direttrice principale. In passato non era stato teatro di scontri o azioni militari. Ma il 9 aprile due squadre armate, una dell’Irgun e l’altra della “banda Stern”, entrarono nel villaggio con l’intenzione di espellerne gli abitanti. Ci furono durissimi scontri armati molte case furono distrutte altre saccheggiate. Gli assalitori radunarono molti maschi in età militare e li uccisero dopo che si erano arresi. La maggior parte degli abitanti – vecchi, donne e bambini – furono espulsi con la forza e condotti in villaggi circostanti. Diverse famiglie morirono durante la demolizione delle loro case. Gli arabi parlarono dell’uccisione tra civili e combattenti di 250 persone. La stima fatta dal comando dell’Haganà su richiesta dell’altro comando e dell’Agenzia Ebraica parlava di 100-120 morti complessivi. Questo ingiustificato massacro fu duramente condannato da tutti i paesi arabi, dagli inglesi e anche dall’Agenzia Ebraica e dall’Alto comando dell’Haganah. Non vi erano ragioni militari importanti per la presa del villaggio, ne tanto meno per le violenze che si verificarono dopo la sua conquista.
Le conseguenze del massacro di Deir Yassin furono duplici: molta paura tra gli abitanti arabi di altri villaggi che li indusse nelle settimane seguenti – soprattutto dopo la scesa in campo degli eserciti arabi – ad abbandonare le loro case e a fuggire. La seconda conseguenza fu il grande risentimento che attraversò i paesi arabi che li spinse con maggiore risolutezza, ad attuare i propositi, che avevano deciso fin dal 29 novembre del ’47, cioè la distruzione del futuro Stato di Israele.