L’ultima tappa della guerra del Consiglio ONU per diritti umani contro Israele si è compiuta con la pubblicazione di una autentica “lista di proscrizione” contro oltre 100 aziende che operano in Giudea, Samaria, Gerusalemme e nelle alture del Golan.
Prima di entrare in merito alla vicenda e all’autentica ossessione che il Consiglio ONU dei diritti umani di Ginevra ha nei confronto dello Stato di Israele, è opportuno sottolineare che nessuna norma del diritto internazionale prevede l’illegalità di attività economiche, commerciali o industriali in territori contesi o occupati (con l’eccezione dello sfruttamento coatto della popolazione o l’esproprio di beni privati come ad esempio nel caso di Cipro nord) da parte della potenza occupante. Infatti nessuna obiezione ad esempio, è mai stata fatta alla Turchia per l’occupazione di Cipro Nord o al Marocco per l’occupazione del Sahara Occidentale. Ma neanche è mai stata fatta ad imprese economiche francesi operanti nella Saar durante l’occupazione francese, o nel caso di imprese USA a Berlino – occupata dagli americani fino al 1990 – o in Giappone. Questa “non regola” è, solamente, applicata a Israele senza che se ne conoscano le basi giuridiche. Oltre a questo, la stessa definizione di “territori palestinesi occupati” utilizzata dal Consiglio ONU per i Diritti Umani non ha nessuna base legale nel diritto internazionale, in quanto Israele non ha mai occupato nessun territorio palestinese ne tanto meno si può definire la situazione di Giudea e Samaria come di territori in “stato di belligeranza” visto che l’attuale situazione è disciplinata nei minimi dettagli – dal 1995 – da accordi sottoscritti tra le parti (Israele e Autorità Nazionale Palestinese) e che ha come garanti gli USA, la UE, l’Egitto, la Giordania, la Norvegia e la Russia.
Bisogna anche sapere che questo organismo onusiano, negli ultimi anni ha addirittura istituito un’agenda di lavori permanente, la famigerata Agenda 7, che si occupa –unico caso al mondo – solo dei “crimini” di Israele durante una sessione speciale convocata oppostamente tutti gli anni. Basta leggere gli Stati che fanno parte di questo Consiglio per rendersi conto che si fa fatica a trovare uno Stato che rispetti i più elementari diritti umani. Però Israele ha ricevuto più risoluzioni di condanna, “motivate” peraltro solo politicamente, di tutti gli altri paesi del mondo messi insieme.
Entrando in merito alla “blacklist” pubblicata Consiglio ONU per diritti umani, si scopre che il tono utilizzato è più “mafioso” che giuridico: infatti non c’è nessun implicito riferimento a violazioni del diritto – non essendocene le basi – ma si fanno velate allusioni che le attività di queste 112 aziende impegnate in attività economiche nei “territori occupati” potrebbero incorrere in procedimenti legali se si evidenziassero violazioni del diritto internazionale. Come sempre, in questi casi, non vi è nessuna menzione a nessuna norma del diritto internazionale che sarebbe, eventualmente, violato. Il vero intento è chiaro: spaventare le aziende per indurle a cessare ogni tipo di attività economica.
Anche la tempistica della pubblicazione di questa lista non è casuale e ha una sua valenza squisitamente politica: è stata fatta a pochi giorni di distanza dalla pubblicazione del piano di pace dell’amministrazione Trump. E’ da rimarcare che la lista era pronta dal 2016.
Cosa può aspettarsi Israele, in futuro, da questo ennesimo atto discriminatorio? La prima mossa sarà effettuata alla prossima sessione del Consiglio ONU per diritti umani che si aprirà il 24 febbraio, dove la lista sarà diffusa e dibattuta per mettere pressione alle aziende interessate. Poi la palla passerà nel campo di altre organizzazioni internazionali per prendere altre decisioni in merito. E’ tutt’altro che infondata l’ipotesi che la lista finirà sul tavolo di qualche giudice della Corte Penale Internazionale per aprire un ulteriore procedimento contro lo Stato ebraico.
E’ davvero auspicabile che Israele e gli USA alzino la voce per difendere, in tutte le sedi opportune, quel che rimane del diritto internazionale.