Auschwitz è il più grande dei campi di sterminio della Germania nazista, dove furono mandati a morte oltre un milione di persone. In pochissimi tornarono a casa portandosi sempre dentro un incubo indicibile e indelebile, nell’anima e sul corpo.
Un incubo per milioni di esseri umani e una tragedia collettiva, con cui ancora oggi – a 74 anni dalla fine della guerra – non riusciamo a fare i conti.
Milioni di persone disumanizzate e rese vittime di un conflitto che non avrebbe mai voluto combattere. Milioni di persone che non rividero mai più i propri cari, che persero le speranze nella vita e nel prossimo.
Milioni di persone costrette a lavorare in condizioni fisiche precarie, non riuscendo mai a riprendere le forze anche a causa del pochissimo cibo che veniva loro somministrato.
Milioni di persone che persero tutto, che non poterono più festeggiare un compleanno, una festività e un bel ricordo.
Oggi – noi – ripiaghiamo quelle milioni di persone nella maniera più ignobile. Con l’indifferenza, con la banalizzazione, con la negazione, con i paragoni con altre tragedie umane che non rendono giustizia né a una né all’altre.
Nonché con la mercificazione. La mercificazione di oggetti banali che riguardano Auschwitz e la sofferenza di quelle milioni di persone. Edifici, persone imprigionate, filo spinato, decorazioni per alberi di Natale, un apribottiglie e un tappetino per il mouse: tutti gadget (?) disponibili fino a pochi giorni fa su Amazon e Wish, tolti solo grazie all’intervento del Memoriale e del museo di Auschwitz.
Il Memoriale e il museo di Auschwitz che difendono il vero ricordo di Auschwitz. E come se ognuno si difendesse da solo, in una società fatta di ristretti gruppi dove l’altro è visto come una minaccia e per questo va allontanato, offeso, oltraggiato, a volte anche malmenato.
Così, abbiamo dimostrato che quell’inferno patito da milioni di persone è stato una lezione che non abbiamo imparato. Perché se determinati oggetti si vendono, significa che c’è gente che li acquista.
Ed è questa la sconfitta più grande. Per tutti.