In Israele come in Italia, negli Stati Uniti e altrove, la sinistra pretende di avere il monopolio della civiltà, dell’umanità, della democrazia. “Restiamo umani”, “Fermiamo i barbari”, “resistiamo al ritorno del nazismo” sono fra i suoi slogan più consueti. Si possono e si devono discutere, naturalmente, le cause di questa “reductio ad hitlerum” degli avversari politici, l’incapacità evidente e proclamata di capire che anch’essi hanno delle ragioni e che per queste ragioni, non per un’improvvisa perversione collettiva, moltissimi elettori scelgono Trump e Salvini e Netanyahu e altri leader della destra, sicuri di non perdere per questo i loro diritti democratici e di non avviarsi né alla “barbarie” né al “nazismo”.
Ma vale la pena di sottolineare un altro aspetto di questa pericolosa scissione politica e sociale e cioè il fatto che il preteso monopolio della “civiltà” da parte della sinistra non è affatto monolitico, che vi sono forti tentazioni di violenza e di intolleranza da parte dei difensori della “cultura” della “razionalità”, del “pacifismo” e dell’”umanità”. Non sto parlando solo della tradizione storica che lega il comunismo alle stragi staliniane, maoiste, castriste. E nemmeno del terrorismo di sinistra che imperversò in Italia e in altri paesi europei trent’anni fa, né della complicità concreta e materiale, oltre che politica e morale con la barbarie islamista che è stata comune nell’estrema sinistra. Parlo di episodi recenti e altrettanto concreti. Per farlo userò due pronunzie giudiziarie recenti in Israele, dove l’estremismo della sinistra è reso più trasparente dalla sua dimensione minoritaria.
La prima e la più importante è del giudice Gabbai della corte di Gerusalemme, che qualche giorno fa ha respinto la richiesta di archiviazione per “persecuzione politica” del processo contro Ezra Nawi, militante delle organizzazioni di estrema sinistra Ta’ayush e B’Tselem (quella che provoca e cerca di denunciare i soldati dell’esercito israeliano). Tawi è stato incriminato per aver agito da agente provocatore nei confronti degli arabi appartenenti all’Autorità Palestinese che potevano essere disponibili a vendere case o terreni agli ebrei (il che per l’Autorità Palestinese stessa è un reato punibile con la pena di morte). Tawi, già giudicato colpevole di stupro nei confronti di un ragazzino arabo di 15 anni e per altri reati più politici, adescava queste persone, magari in difficoltà economiche e colpevoli solo di essere disponibili a compiere una normale transazione commerciale e li denunciava ai servizi segreti dell’autorità palestinese. Nella registrazione video che è una delle prove del caso, Tawi si vantava della sua azione, dicendo ai suoi interlocutori: noi lo denunciamo alla polizia segreta dell’Autorità. Questi lo prendono e lo ammazzano, ma prima lo torturano a lungo. Il che è puntualmente accaduto in alcuni casi documentati. Ecco, questo è un modo un po’ particolare di intendere civiltà e umanità, e perfino simpatia per i “palestinesi”: denunciarli se mostrano di avere rapporti commerciali normali con gli ebrei, farli ammazzare e torturare, ed esserne contenti.
Si potrebbe dire: le mele marce ci sono dappertutto, che ci sia un aguzzino anche a sinistra non vuol dire molto. Certamente. Ma ciò presupporrebbe che la sinistra abbandonasse la mela marcia al suo destino, si chiamasse fuori e accettasse l’inchiesta. E invece con Nawi questo non è affatto accaduto. Vale la pena di leggere la difesa che di Nawi ha fatto Haaretz (riportata qui dal Times of Israel) o ancora meglio quella durissima del giornale online di sinistra +972: è tutto un complotto, le attività di Nawi sono meritorie e sacrosante. Basta citarne il titolo: “The persecution of Ezra Nawi”.
Del resto allo stupratore, molestatore di soldati, gola profonda dei torturatori dell’Autorità Palestinese sono stati dedicati anche due film, naturalmente da parte di registi “impegnati”.
L’altro caso è più semplice, ma in qualche modo simile. L’attivista di sinistra in questo caso si chiama Guy Hirschfeld, è abituato a seguire i militari che si sforzano di tenere l’ordine e di prevenire il terrorismo in Giudea e Samaria, per filmarli e metterli in cattiva luce, isolando i gesti di forza che si trovano qualche volta a dover compiere per sgomberare una strada occupata o impedire a giovani e meno giovani aspiranti del terrorismo di tirare pietre mettendo a rischio la vita degli automobilisti. E’ accaduto che un’organizzazione sionista intitolata secondo un celebre detto di Theodor Herzl “Im tirzu” (cioè “Se vorrete”… e la frase continua “non sarà un sogno”) ha deciso di applicare a Hirschfeld, i suoi stessi metodi, cioè ha incominciato a filmare la sue attività. Hirschfeld si è rivolto a un giudice per far proibire a Im tirzu questa “violazione della sua privacy”, che è una bella contraddizione per chi fa già per conto suo la stessa cosa, ma la sua richiesta è stata respinta.
E una storia istruttiva, perché mostra come chi pretende tolleranza e trasparenza non sia disposto a tollerare e a essere trasparente. Ma ancora più istruttivo è il filmato che si può vedere qui, in cui si vede e si sente il “civile”, “pacifista” e “responsabile” militante di sinistra rivolgere ai suoi avversari politici una serie di insulti, il cui più significativo è “spazzatura ebraica” (ma forse sarebbe più corretto tradurre “ebrei di m.”). Come un qualunque antisemita. O come quei due suo compagni di fede, chiarissimi professori presso un’università che purtroppo si chiama “Hebrew University”, Amiram Goldblum and Ofer Cassif che hanno definito l’allora ministra della Giustizia e oggi leader del partito unificato della destra Ayelet Ahaked “feccia nazista” ; ma il primo è noto anche per aver chiamato “cani nazisti” i suoi studenti sionisti, minacciando di identificarli e spedire i loro nomi ai suoi colleghi perché non li facessero avanzare negli studi. Naturalmente tutti difesi dalla loro università in nome della “libertà accademica”.
Insomma, il monopolio di sinistra della cultura e della moralità, più che far acqua, è già da tempo affondato sotto un mare di scandali.