Entebbe è una città dell’Uganda, situata su una penisola sulla costa settentrionale del Lago Vittoria, nel Distretto di Wakiso, a poco più di 30 km dalla capitale Kampala.
Fino al 28 giugno 1976 era stata una città semisconosciuta e con ogni probabilità lo sarebbe rimasta se il terrorismo palestinese non vi avesse dirottato un aereo con a bordo centinaia di passeggeri israeliani.
Siamo nell’estate del 1976, il mondo è diviso in blocchi, risultato voluto da Usa e Urss dopo la vittoria nella Seconda Guerra Mondiale.
L’Europa è teatro di attentati architettati da una galassia di terroristi che tengono numerosi governi col fiato sospeso.
Quattro anni prima il terrorismo palestinese aveva ucciso gli atleti israeliani durante lo svolgimento delle Olimpiadi di Monaco in un attacco vile e brutale: quell’episodio segnò la “Vendetta” di Israele, che iniziò a scovare le menti dell’attentato in Germania.
Tre anni prima una coalizione araba composta principalmente da Egitto e Siria attaccò Israele in quella che prenderà il nome di Guerra del Kippur, ricorrenza religiosa ebraica che celebra il giorno dell’espiazione, dove gli ebrei digiunano per un giorno senza lavorare e svolgere ogni attività ricreativa.
Tutto ebbe inizio il 27 giugno 1976, quando un aereo parte da Tel Aviv con destinazione Parigi. Il volo Air France 139 fece scalo ad Atene, dove salirono a bordo altri 58 passeggeri, tra cui i quattro dirottatori: due palestinesi, membri del Fronte popolare per la liberazione della Palestina e due tedeschi delle Cellule rivoluzionarie, entrambi facenti parte, a vario titolo, dell’estrema sinistra.
Sono le 12.30, tranne i quattro terroristi nessuno a bordo sa che da lì a breve l’aereo sarà dirottato.
Sono le 12.45, la torre di controllo di Atene perde il contatto con l’aereo: è chiaro che è in atto un dirottamento, che in quegli anni è prassi nei cieli dell’Europa.
Poco dopo il volo 139 riappare a Bengasi, in Libia, dove il dittatore Muammar Gheddafi concesse ai dirottatori di atterrare, di rifornire di carburante l’aereo e di ripartire: qui una donna finge di aver avuto un aborto spontaneo e viene fatta tornare in Inghilterra
Un giorno dopo la partenza, l’aereo atterra all’aeroporto internazionale di Entebbe, in Uganda, governato dal dittatore Idi Amin Dada.
È il 28 giugno e i dirottatori sono accolti dall’esercito ugandese, che si dispone a protezione dell’aereo: nello stesso momento altri quattro terroristi si aggiungo al gruppo.
Ufficialmente Amin si offre come mediatore, ma in realtà si schiera dalla parte dei terroristi che fanno scendere i passeggeri dividendoli tra ebrei e non ebrei e chiedono 5 milioni di dollari di riscatto per l’aereo e la liberazione di più di 50 terroristi palestinesi.
E qui inizia una storia all’interno della storia: gli ostaggi ebrei non vengono liberati a differenza dei non ebrei, come il pilota dell’aereo Michel Bacos, morto di recente, che decide di rischiare la vita per non abbandonare i suoi passeggeri.
Sono giorni angoscianti per Israele, che si interroga sul da farsi.
È il 3 luglio e durante una drammatica riunione del Consiglio dei ministri, il governo israeliano dà il via libera all’operazione a poche ore dalla scadenza dell’ultimatum dei terroristi, che avevano minacciato di far esplodere il terminal con gli ostaggi al suo interno.
L’Operazione Entebbe sulla carta ha un altissimo rischio, mitigato dall’appoggio del governo del Kenya, che si convince a offrire le sue basi per rifornire gli aerei israeliani.
190 soldati partecipano a un’operazione curata nei minimi particolari: per distrarre le guardie ugandesi viene utilizzato un convoglio di automobili simile a quello di Amin.
L’operazione mette in salvo 102 dei 106 ostaggi: 3 rimangono uccisi, un altro trasportato in un ospedale nelle ore precedenti viene fatto uccidere da Amin per ritorsione.
In una delle operazioni militari più spettacolari della storia rimane ucciso un comandante del commando, Jonathan Netanyahu, il fratello dell’attuale primo ministro di Israele.
Oggi come allora chi attacca Israele e gli ebrei gode di appoggi e favoreggiamenti decisivi per compiere i propri attacchi. Oggi come allora Israele e gli ebrei si difendono da questi attacchi, a volte con fatica, ma sempre con la volontà di proteggere la vita.