Il terrorismo degli Hezbollah colpisce l’ambasciata israeliana a Buenos Aires, causando la morte di 29 persone e il ferimento di altre 242.
È il 17 marzo 1992 e nelle prime ore del pomeriggio l’edificio dell’ambasciata israeliana è squarciato da un’esplosione. Perdono la vita israeliani e argentini, ma anche un italiano, un boliviano, un paraguaiano e un uruguaiano.
La manovalanza che attacca la sede diplomatica israeliana nella capitale argentina è degli Hezbollah, ma la regia trova casa in Iran.
Una collaborazione terroristica che si ripeterà due anni dopo quando lo scoppio di un furgone causerà la morte di 85 persone e il ferimento di 300 presso l’Associazione Mutualità Israelita Argentina (AMIA) e della Delegazione delle associazioni israelite argentine.
Collaborazione terroristica che venne resa nota nel 2015 dopo l’insistenza della Corte Suprema e dei familiari delle vittime che fecero pressione sull’allora presidente della Repubblica, Cristina Fernandez de Kirchner, che fu “costretta” a rimuovere il segreto di Stato sulla vicenda.
Una corte stabilì la colpevolezza degli Hezbollah senza condannare nessuno se non il terrorista Imad Mughniye (morto a Damasco nove anni dopo in circostanze misteriose), ritenuto responsabile anche dell’attentato all’AMIA nel luglio del 1994.
Si tornò a parlare di questo attentato dopo le accuse fatte dal procuratore Alberto Nisman, ucciso nella sua casa qualche ora prima di testimoniare contro le alte personalità dell’Argentina, che fra coperture e depistaggi permise a Iran e Hezbollah di colpire innocenti israeliani sul proprio territorio.