Pochi se ne sono accorti finora, ma l’Autorità Palestinese si è dichiarata in crisi economica e ha tagliato della metà gli stipendi a tutti i suoi dipendenti che guadagnano più di 500 euro. Questo accade nonostante che l’Autorità palestinese sia l’entità più ricca di aiuti internazionali di tutto il mondo. Si calcola che fra il 2006 e il 2016 siano arrivati ad Abbas 24 miliardi di dollari cioè circa 560 dollari a testa all’anno, se si accettano le cifre della popolazione fornite dall’AP, che molti giudicano decisamente esagerate; se si bada ai numeri reali della popolazione presente sul territorio di Giudea, Samaria e Gaza, probabilmente il doppio. Solo l’Onu spende 540 milioni l’anno per i 3 o 4 milioni di sudditi dell’Autorità Palestinese, lo stesso che spende per gli iracheni, che sono dieci volte tanto e vengono da guerre rovinose, e di più dei 340 milioni che dà ai 34 milioni di afgani.
“Rispetto ai paesi africani come il Burundi ($ 113 milioni in aiuti per 10 milioni di persone) o il Camerun ($ 304,5 milioni per 23 milioni di persone), il divario è ancora più allarmante.”.
Gli Stati Uniti danno 600 milioni circa.
Perché dunque questa miseria? Le ragioni sono parecchie. La prima è che l’AP in pratica si occupa solo di fare la guerra agli ebrei e non lavora affatto per far crescere la propria economia, il che richiederebbe un accordo con Israele. Comunque l’economia è l’ultimo dei problemi per l’AP, tanto che essa non ha prodotto una propria moneta e non ha costruito un apparato doganale e fiscale. Per queste cose si appoggia a Israele. La seconda ragione è che i governi di Ramallah e Gaza sono immensamente corrotti e inefficienti: anche se qualcuno cerca di realizzare imprese e produrre qualcosa, i taglieggiamenti sono tali da scoraggiare ogni innovazione.
La terza ragione è contingente ma rivela un problema decisivo. Dalla sua fondazione l’OLP e poi l’AP che ne ha assunto le funzioni amministrative, pagano stipendi ai loro terroristi condannati al carcere e alle famiglie di coloro che sono morti in attività terroristica. Sono cifre molto consistenti.
“Il salario minimo per un detenuto, da pagarsi dall’inizio della sua detenzione e fino a 3 anni, è di 300 euro al mese. I detenuti che sono stati condannati tra 3 e 5 anni ne ricevono 400. Tra i 5 e i 10 anni riceveranno 800. Tra i 10 e i 15, 1200. Tra i 15 e i 20, 1400. Tra i 20 e i 25, 1600. Tra i 25 e i 30, 2000. Oltre, 2500)”.
Le famiglie di terroristi uccisi ricevono 1000 euro circa, sempre al mese Il totale fa 345 milioni di dollari. Il totale fa circa 350 milioni di dollari l’anno, il 7 per cento del budget complessivo dell’AP.
Che un’entità politica paghi stipendi a terroristi condannati da regolari tribunali e che lo faccia in proporzione alla gravità dei loro reati è naturalmente una vergogna. Dopo molte esitazioni, dopo aver richiesto che il malcostume cessasse gli stati donatori hanno iniziato a ritirare i fondi. L’hanno fatto l’Australia, la Norvegia, gli Stati Uniti (per merito di Trump). E di recente Israele ha approvato una legge per detrarre i fondi dati come stipendi ai terroristi dalle tasse doganali che Israele raccoglie per l’Autorità Palestinese. Abbas, dittatore dell’AP, ha indicato solennemente che non avrebbe mai cessato di pagare i “martiri” e ha tagliato invece finanziamenti e spese per l’assistenza dei poveri. Poi per montare il caso ha rifiutato di accettare le tasse che venivano da Israele, da cui era stata sottratta la quota dedicata agli stipendi dei terroristi, accusando Israele di non rispettare gli accordi di Oslo, anche se essi impongono alle parti contraenti, dunque anche all’AP di non appoggiare o incoraggiare in alcun modo il terrorismo, cosa che evidentemente questi stipendi fanno. Il caso è arrivato al consiglio di sicurezza dell’Onu, per iniziativa dello Yemen, ed è significativo che paesi europei a loro volta vittime del terrorismo come Francia e Gran Bretagna si siano schierati dalla parte dei palestinisti. Israele secondo loro non deve interferire economicamente con l’incoraggiamento economico dei terroristi che assassinano i suoi cittadini…
Sembra un caso paradossale, ma esso espone il cuore dell’attacco terroristico a Israele. La ragion d’essere dell’Autorità Palestinese è l’eliminazione di Israele, non la costruzione di uno “stato palestinese”. Per questo chi si espone a sgozzare, sparare, bombardare, accoltellare, investire con la macchina, ammazzare in tutti i modi gli ebrei per loro è un’eroe, non un criminale: è il soldato che rischia la pelle (e spesso la perde) per portare lutti e lacrime all’odiato nemico. Un sentimento condiviso dalla piazza musulmana e coltivato dalla demagogia dei governi, anche se magari fanno accordi militari ed economici con lo stato ebraico. Quanto ai governi europei, la diagnosi è difficile. Se siete ottimisti, potete pensare che non capiscano che i terroristi che colpiscono a Gerusalemme o al Gush Etzion è esattamente uguale a quello che colpisce a Parigi o a Londra. Se siete pessimisti o realisti, dovete pensare che al di là dei bei discorsi delle Giornate della Memoria, l’Europa ha cercato per mille anni e passa di eliminare gli ebrei, fino alla Shoah. E dunque non può non sentire sotto sotto una certa solidarietà con chi ci ritenta oggi.