L’Onu, si sa, è un’immensa organizzazione burocratica che ha più di 100.000 dipendenti (anche se è difficilissimo trovare le cifre esatte, qui ci sono dei dati disaggregati, ma non il totale) con un bilancio“core” cioè centrale di circa sei miliardi di euro e probabilmente il triplo di spese complessive. Ne fanno parte 27 enti istituiti dall’assemblea generale 14 dal segretariato, 28 dal consiglio economico e sociale 4 tribunali. Ognuna di queste realtà ha consigli, segretari, consulenti, “special rapporteurs”, consulenti dei consulenti e così via, che parlano sempre dicendo di essere l’Onu. Dato che nell’organizzazione internazionale vige una ferrea lottizzazione politica e statale e dato che dei 193 stati che vi aderiscono vi è un’automatica maggioranza terzomondista, islamista, post- o neocomunista, e che quindi questi funzionari, “esperti” e reggicoda sono nominati in grandissima parte perché aderiscono a queste posizioni, è chiaro che dichiarazioni, prese di posizione opinioni e giudizi “dell’Onu” si moltiplicano contro tutto ciò che non sia islamicamente e terzomondisticamente corretto.
Prendiamo alcuni fatti recenti. Il 25 febbraio scorso è uscito un rapporto “dell’Onu” che condanna Israele nei termini più violenti per aver difeso la propria frontiera con Gaza contro i tentativi di sfondamento di massa e gli attacchi terroristici commessi durante le “marce per il ritorno” organizzate da Gaza. Il rapporto, se a qualcuno interessa, si trova qui. Fra falsità palesi, per cui per esempio gli assalti armati alla frontiera diventano “pacifiche dimostrazioni” esagerazione di numeri, unilateralità (mai si parla dei continui attacchi missilisti su Israele, delle bombe volanti lanciate da Hamas, della distruzione dei posti di frontiera, delle minacce di “cancellare Israele”), la paziente e modarata autodifesa israeliana dei confini viene travestita da attacco ai diritti palestinesi, scambiando aggressore e aggredito, com’è da secoli abitudine degli antisemiti.
Sennonché questo scritto non è “dell’Onu” come la stampa ha riportato, ma di uno dei suoi organi più velenosi e deviati, di quel Consiglio dei Diritti Umani (HRC), di cui fanno parte stati famigerati per la loro mancanza degli stessi diritti come Afganistan, Algeria, Angola, Azerbaigian, Burkina Faso, Cina Cuba, Egitto, Eritrea, Etiopia, Indonesia, Pakistan, Qatar, Russia, Arabia Saudita, Somalia Venezuela, Vietnam… Da che pulpito! Ma i realtà il rapporto non è neppure ancora del consiglio, ma di tre consulenti che vengono da Argentina, Bangladesh e Kenia,
Ma presto il consiglio rimedierà. Il 18 marzo è prevista una giornata antisraeliana con sette rapporti e cinque risoluzioni contro Israele. E’ la giornata in cui l’ebraismo europeo (con significative delegazioni anche dall’Italia) si mobiliterà a Ginevra davanti alla sede della commissione per denunciare il carattere antisemita della persecuzione di Israele. Per la cronaca, la sede di Ginevra dell’Onu ha appena deciso di esporre una gigantografia del personaggio con cui evidentemente l’organizzazione si identifica: Che Guevara, terrorista, avventuriero, torturatore di nemici politici, carnefice di omosessuali e dissidenti.
La tentazione di non prendere sul serio questo consiglio, di considerarlo una barzelletta dentro un ferrovecchio inutile, è fortissima. Ma sarebbe un’errore. C’è un metodo in queste follie: quello goebbelsiano della ripetizione. A forza di mozioni, di risoluzioni, di rapporti che si richiamano l’un l’altro, sulla carta la colpa di Israele diventa inequivocabile, come lo era quella degli ebrei nei documenti dell’Inquisizione. E il vecchio antisemitismo islamico ed europeo trova facile alimento. Bisogna reagire, documentare, distinguere, non accettare la calunnia come se fosse una cosa normale.