L’antisemitismo e il paradosso sono stati fatti correre sugli stessi binari. In parallelo, come in lento e inesorabile tragitto, fatto di pregiudizi e falsità, che sono andati in scena in Qatar, alla 29esima edizione della Fiera internazionale del libro, dove sono stati promossi diversi testi antisemiti dai titoli inequivocabili:
- La Moschea di Al-Aqsa e il presunto Tempio;
- Le menzogne diffuse dagli ebrei;
- Il Talmud dei segreti: fatti che svelano i complotti ebraici per controllare il mondo;
- Il mito delle camere a gas naziste;
- La storia della corruzione degli ebrei e la fine della loro entità.
Agli organizzatori non bastava esibire l’antisemitismo come un trofeo, ma l’hanno voluto accompagnare a un paradosso che sa di presa in giro.
Il titolo dell’edizione 2018, infatti, era “Doha, città di coscienza e di conoscenza”.
E quale coscienza ci può essere se viene negata la Shoah? Quale conoscenza ci può essere se il Tempio di Gerusalemme viene equiparato a un’invenzione della storia?
Nella presentazione della Fiera, presente sul sito di riferimento, è scritto che “la Fiera internazionale del libro di Doha non è solo un mercato per la circolazione e il commercio del libro, è uno spazio per lo scambio di culture e lo scambio di conoscenze, è un momento per il dialogo e l’ascolto dell’altro… essa stabilisce anche uno sguardo speciale di coscienza… l’etica della convivenza e della coscienza umana, che è il segno vivente dell’amore per la lettura”.
Dialogo, ascolto, etica, convivenza sono termini a cui la Fiera del libro di Doha ha scippato l’essenza e il significato, piegandoli al proprio volere contravvenendo a tutti i valori promossi.
Perché quando c’è di mezzo il popolo ebraico i valori promossi, troppo spesso, sono l’odio e la falsità.