Negli Emirati Arabi è suonato l’inno israeliano. È la prima volta nella storia che in un paese arabo, che non riconosce Israele, si è ascoltata l’Hatikvà. L’episodio è talmente importante e significativo che ha offuscato il motivo che l’ha generato: la vittoria della medaglia d’oro del judoka israeliano Sagi Muki nel Grand Slam di Abu Dhabi.
Episodio che ha commosso la ministra israeliana dello Sport, Miri Regev, che accanto al podio non ha trattenuto le lacrime: “Abbiamo fatto la storia”.
Una commozione giustificata dal fatto che solo un anno fa nello stesso torneo, al judoka israeliano, Tal Flicker, non era stato permesso di salire sul podio e ascoltare l’inno nazionale.
La ministra Miri Regev, inoltre, ha visitato la moschea Sheikh Zayed ad Abu Dhabi, la più grande degli Emirati.
Questi sono altri segnale del miglioramento dei rapporti fra Israele e gli stati del Golfo. In questo senso va letta la visita a sorpresa di questi giorni del premier Benjamin Netanyahu in Oman, il cui ministro degli Esteri ha rilasciato una dichiarazione di apertura allo Stato ebraico:
“Israele è uno Stato presente nella regione e tutti capiamo questo: forse è arrivato il momento di trattare lo Stato di Israele come tutti gli altri della regione e pretendere da Israele comportamenti adeguati”.
Tre episodi molti importanti che danno la misura che qualcosa sta cambiando nei rapporti fra lo Stato ebraico e suoi vicini arabi. Continuare a negare la legittimità dello Stato d’Israele da parte dei paesi arabi ha portato solamente a pericolose escalation. Invertire la rotta è fondamentale per una stabilizzazione dell’area – e perché no anche portare alla pace -.