Una federazione fra Autorità Palestinese e Giordania? Non si sa se per inabilità fisica, dato che si dice fisicamente e mentalmente molto provato, o per disperazione, ma non c’è nessuno nella politica mediorientale che sia più loquace di Mahmoud Abbas, “presidente” dell’Autorità Palestinese (titolo da scrivere tra virgolette, perché la sua elezione avvenne il 15 gennaio 2005 per quattro anni e ormai è nove anni e mezzo oltre la scadenza). Qualche giorno fa ha dichiarato di volere “uno stato demilitarizzato” “nei confini del ‘67” “dove ci sia “polizia e non esercito”, difesa “da bastoni e non da armi” . Questo l’ha detto a degli accademici israeliani che hanno pensato bene di fargli visita, naturalmente in nome della pace. Poi, a un gruppo di politici israeliani di estrema sinistra ha detto di “essere d’accordo al 99% con il capo dello Shin Bet”, il servizio di sicurezza israeliano. Ha fatto capire ad altri che tutto il mondo cospira contro di lui, in particolare quei “banditi” che dirigono Hamas, naturalmente d’accordo con Israele.
Sono tutte “rivelazioni” che non valgono molto, visto che sono fatte in privato a tifosi stranieri. E però una di queste è significativa, dato che riguarda un tema di notevole importanza e che nessuno dei soggetti coinvolti l’ha smentita. Abbas avrebbe cioè detto ai suoi interlocutori israeliani (sempre i politici di estrema sinistra, Meretz e Peace Now) che il piano di pace americano su cui Trump sta lavorando da un anno, si baserebbe su una federazione fra Autorità Palestinese e Giordania soggiungendo di essersi detto disponibile, a patto che vi aderisse anche Israele (il che equivale a rifiutarla, dato che Israele non potrà certo mai accettare di entrarvi in minoranza di abitanti e di entità federate).
E’ una notizia che ha delle basi serie, e infatti la proposta in linea generale era già stata fatta, prima di essere sepolta dalla retorica dei due stati. Infatti la Giordania stessa non è che una parte molto consistente ( circa il 70%) del Mandato di Palestina assegnato alla Gran Bretagna dalla Società delle Nazioni, che essa già nel 1923 staccò dal Mandato, con un’operazione di dubbia legalità, per assegnarla alla popolazione araba del Mandato (che dunque ha già il suo stato) e alla famiglia dei suoi alleati, i Hashemiti. C’è poi il fatto che la Giordania occupò Giudea e Samaria fra il 1948 e il 1967 (illegalmente e senza riconoscimento internazionale, ma anche senza alcuna opposizione dal parte dei futuri “palestinesi”). Infine bisogna ricordare che sono di provenienza palestinese l’80% circa dei cittadini giordani (fino alla regina Rania; ma anche i maggiori dirigenti palestinisti, Abbas in testa, conservano i loro passaporti giordani) e dunque anche sul piano demografico quello è già il loro stato.
Contro a questa ipotesi vi è il fatto che la dirigenza palestinista ha sempre cercato di rovesciare la dinastia hashemita (che non viene da lontano, dato che per secoli sono stati i custodi della Mecca) e che il padre dell’attuale sovrano, Hussein, fu costretto a reprimere nel sangue un colpo di stato guidato da Arafat nel 1970 (il famoso “settembre nero”) e che quindi anche il sovrano attuale Abdullah e la sua corte temono il rafforzamento delle correnti palestiniste che inevitabilmente avverrebbe se ci fosse un legame politico fra Giordania e autonomia palestinese. Ma il regime giordano ha solidi rapporti con gli Stati Uniti e anche con Israele, che gli garantisce in molto modi protezione militare.
Dunque l’idea non è insensata, è possibile che nasca una federazione come quella rivelata da Abbas, a patto che vi sia una seria garanzia americana e israeliana e magari anche saudita. L’ostacolo è la dirigenza palestinista, ma la divisione fra Fatah e Hamas, oltre al declino fisico e mentale di Abbas e al caos che potrebbe seguire la sua uscita di scena rendono l’ipotesi meno impossibile di quel che si dice. Un’autonomia palestinese demilitarizzata, in qualche modo unita alla Giordania e da essa commissariata, finanziata per lo sviluppo e non per aiutare il terrore potrebbe essere una soluzione accettabile anche per Israele. Forse ha ragione Trump e questa è la sola linea realistica in direzione di uno svelenimento del conflitto arabo con Israele. Ma naturalmente uno sviluppo del genere susciterebbe la furia dei terroristi e dei loro protettori (l’Iran, ma anche la Turchia, il Qatar e in un certo senso l’Unione Europea, salvo che le prossime elezioni rovescino la sua politica estera), che sull’odio contro Israele hanno investito molto. La rivelazione di Abbas è chiaramente un tentativo di far saltare questa ipotesi. Vedremo pian piano se “l’accordo del secolo” promesso da Trump avrà la forza di concretizzarsi almeno in parte.