Immaginate che il probabile nuovo primo ministro di un importantissimo paese europeo sia una specie di incrocio del peggio di De Magistris, Boldrini, Vendola, Bersani: abbia cioè la cultura politica più vecchia e irrancidita. Il dogmatismo, l’atteggiamento burocratico del vecchio funzionario di partito, l’ipocrisia, il narcisismo e soprattutto l’odio per Israele, l’amicizia per i peggio dittatori, da Castro a Chavez agli ayatollah che si potrebbero attrarre con sapienti distillazioni da questi italici estremisti di sinistra. Purtroppo questo paese esiste, è la Gran Bretagna e il politico anche, si chiama Corbyn. E, ancora peggio, la clamorosa inefficienza e inadeguatezza politica del primo ministro attuale, la conservatrice Theresa Mary May, rischia di consegnare le chiavi del paese a questo dinosauro stalinista, se non arriverà qualcosa di nuovo a scongiurare il disastro.
E’ una storia che preoccupa la Gran Bretagna minacciata di un ritorno alla politica degli anni Cinquanta, ma soprattutto la comunità ebraica inglese, la seconda d’Europa, che vede Corbyn come una “minaccia all’esistenza” degli ebrei britannici, secondo l’espressione di un editoriale pubblicato in comune dai tre principali giornali ebraici inglesi, Jewish Telegraph, Jewish Chronicle, and Jewish News, che ha fatto seguito a un’analoga dichiarazione sottoscritta da 68 rabbini di tutti gli orientamenti religiosi presenti in Gran Bretagna, dagli haredim ai liberal. E’ forse la prima volta al mondo, dai tempi di Hitler, che simili allarmi escono da una comunità ebraica.
Qual è la ragione? Corbyn, come accennavo, è un relitto dell’epoca del socialismo reale. Antiamericano, terzomondista, nostalgico dell’Urss, è stato sindacalista, ha iniziato a far politica negli anni 70 ed è stato eletto deputato per la prima volta nel 1983, quando in Italia era primo ministro Amintore Fanfani e segretario del Pci era Berlinguer, mentre il leader laburista era Kinnock. E’ stato eletto segretario del Labour Parti nel 2015, praticamente per disperazione dopo la batosta subita dal partito alle elezioni sotto la direzione di Ed Milbrandt: un conservatore di sinistra al cui confronto d’Alema pare un pericoloso innovatore. Fin qui tutto bene, o tutto male per la Gran Bretagna se per sfortuna un tipo del genere arrivasse a prendere la direzione del governo.
Il fatto è che però Corbyn ha un vizietto, non sopporta Israele. Per lui, affermare che Israele abbia il diritto di esistere è una tesi contraria all’etica giornalistica. Quattro anni fa, ai tempi in cui Hamas bombardava con decine di missili le città israeliane, Corbyn protestò contro Obama perché lasciava che Israele si difendesse coi suoi antimissili. Ha chiamato pubblicamente “fratelli” i 600 assassini che Israele fu costretto a liberare in cambio della vita di Gilad Shalit, mettendo in dubbio le ragioni per cui erano detenuti. Fra questi suoi amici e fratelli c’è Abdul Aziz Umar, organizzatore dell’attentato al Caffé Hillel di Gerusalemme (7 morti, 200 feriti), Ahlam Tamimi zia della ragazzina oggi popolare fra i giornali europei e autrice dell’attentatato alla pizzeria Sbarro (15 morti di cui 7 bambini, 150 feriti), Fuad Muhammad Abdulhadi Amrin assassino di una bambina di 15 anni, Abdel Al-Aziz Salha carnefice degli ebrei linciati in una stazione di polizia a Ramallah, Husam Ataf Ali Badran che diresse l’attentato al Dolphinarium di Tel Aviv (21 morti e 120 feriti). Pensate, chiamare gente così: fratelli.
Poi è venuta fuori una serie di circostanze in cui Corbyn ha partecipato a conferenze organizzate da gruppi antisionisti/antisemiti, con la partecipazione di terroristi. E dato che i simili si attirano, è venuta fuori alla testa del partito laburista una serie di personaggi che professava idee apertamente antisemite, negazioniste della Shoah, sostenitori di teorie del complotto per cui tutti i mali del mondo vengono dal Mossad e dalla finanza ebraica. E quando dentro il Partito laburista, che è la tradizionale casa politica degli ebrei inglesi come il partito democratico di quelli americani, qualcuno si è messo a protestare, sono emersi rigurgiti razzisti degni del nazismo, non di un partito che si vuole democratico e tollerante.
C’è stata una riunione fallita di Corbyn e i suoi col vertice delle principali organizzazioni ebraiche, in cui il leader laburista ha espresso disinteresse se non disgusto per le critiche e chi gliele avanzava. Il partito laburista israeliano ha dovuto uscire dall’organizzazione socialista internazionale dopo una mozione appoggiata dai laburisti inglesi, in cui l’organizzazione dichiarava il sostegno alla campagna BDS di boicottaggio chiaramente antisemita contro Israele.
E qui si è profilato il problema. Perché Corbyn, contro il buon senso politico oltre che quel che dovrebbe essere l’etica democratica, ha difeso per quanto possibile gli antisemiti e ha invece processato chi li accusava, lasciando che nel partito circolassero appelli contro la lobby ebraica. Quando qualcuno davvero eccedeva in queste autodifese antisemite, è capitato che fosse sospeso o sottoposto a inchiesta. Ma Corbyn in sostanza ha sempre difeso queste posizioni, perché si trattava dei suoi più fedeli sostenitori, talvolta solo imbastendo delle scuse poco credibili.
Da ultimo è venuta fuori la polemica sulla definizione dell’antisemitismo, perché Corbyn ne ha adottato una sua, diversa da quelle internazionali fatte proprie perfino dall’Unione Europea, con l’idea che paragonare Israele e i nazisti, o chiedere la distruzione dello stato ebraico, o proporsi di lottare contro la lobby ebraica non dovessero essere considerate posizioni antisemite. Su ogni singolo problema c’è stato un’incredibile difesa all’ultima parola, tanto che è risultata evidente la pochissima voglia che Corbyn ha di differenziarsi dagli estremisti islamici che in Gran Bretagna non sono rari.
Su questa base si è profilato un accordo fra componenti ebraiche che in Gran Bretagna sono profondamente divise e in disaccordo su quasi tutto. Ma era evidente a tutti che Corbyn ce l’aveva tanto con Israele da essere insofferente in generale nei confronti degli ebrei. Tanto che c’è stato chi ha scritto che la sua presenza, unificando la comunità sulla vicinanza a Israele ne faceva un grande alleato, naturalmente involontario, dello stato ebraico.
Possiamo solo sperare che questa campagna abbia successo e che i laburisti ritrovino, se non l’amicizia per la democrazia israeliana almeno un minimo di equilibrio sul Medio Oriente e di distanza dal terrorismo. Ma per ora il pericolo resta imminente. E non riguarda solo la Gran Bretagna, perché il fascino dell’estremismo vecchio stile di Corbyn (e negli Usa di Sanders e soci) colpisce molti orfani della sinistra anche nel continente europeo e in Italia. E’ probabile che quest’ondata neo-stalinista sia la classica tempesta nel bicchiere d’acqua. Perché se in seguito alla sconfitta della sinistra da noi venissero fuori dei piccoli eredi di Corbyn, giudici o sindaci, sindacalisti o sindaci o presidenti di regione, ci sarebbe da preoccuparsi anche per noi.