Possiamo anche emozionarci e indignarci per la faccia tosta dei palestinisti. Per esempio leggendo che il Ministero degli esteri dell’Autorità Palestinese ha espresso indignazione non per il vile assassinio di un pacifico cittadino israeliano, Yoram Ovadia, avvenuto giovedì scorso, ma per la visita di condoglianza che ha fatto alla vedova l’ambasciatore americano in Israele.
O del fatto che Dareen Tatour, una “poetessa” arabo-israeliana condannata a sei mesi di carcere per aver pubblicato durante il momento culminante dell’ondata di assassini di civili che allora si chiamava “intifada dei coltelli” una poesia in cui esaltava i “martiri” e invitava tutto “il suo popolo” a imitarli, si lamenti di essere repressa nella sua “libertà di parola”.
Ma dobbiamo renderci conto che i crimini del terrorismo oggi, che includono anche le flottiglie, le ridicole icone di Pallywood come Ahed Tamimi e il concorso dei loro complici “prerogressisti” in Israele e anche in Italia, sono solo odiosa criminalità, teppismo autocompiaciuto, volgari reati da reprimere con la polizia e coi tribunali, come Israele fa con notevole moderazione. Perfino i roghi che devastano il sud di Israele a causa di ordigni incendiari volanti lanciati da Gaza sono un grave danno, un eco-crimine da far impallidire i peggiori inquinamenti al mondo, ma non sono un pericolo essenziale. Il problema vero, quello che mette a rischio l’esistenza stessa di Israele, in questi anni viene dal Nord, dall’invasione iraniana della Siria protetta dalla Russia e contrattata con la Turchia. C’è il pericolo vero che i ribelli al confine di Israele siano sostituiti dalle truppe mercenarie di Hezbollah, ben armate ed equipaggiate di missili.
Israele sta combattendo una guerra aerea difficile ma di successo contro il trasferimento dell’esercito iraniano ai suoi confini e conduce una campagna diplomatica soprattutto con la Russia per ottenere il ritiro degli iraniani e dei loro satelliti.
La notizia importante perché molto pericolosa è che la Russia ha offerto un ritiro degli armamenti pesanti iraniani a 85-100 km dal confine del Golan (non escludendo però che “qualche consigliere” sia ancora al confine) e ha dichiarato anche di “non essere in grado” di far ritirare gli iraniani dalla Siria.
Ora basta dare un’occhiata a una carta geografica per vedere che l’Iran neppure confina con la Siria e che nel punto più vicino, il suo territorio dista circa 900 chilometri in linea d’aria dal confine israeliano. La domanda è che ci fanno le truppe iraniane lì e la risposta sta in mille dichiarazioni degli ayatollah che dichiarano di voler distruggere “l’entità sionista” E’ come se ci fossero dei soldati italiani al confine con la Danimarca e i nostri governanti dichiarassero di voler cancellare dalla mappa geografica Copenaghen e il suo paese. E se la superpotenza che arma l’Italia (nel nostro esempio fittizio, gli Stati Uniti) dicessero che non possono spingere l’Italia fuori dalla Germania, ma che sono riusciti a convincerci a ritirare l’armamento pesante all’altezza di Amburgo. Il fatto è che i carri armati, su buona strada e senza avversari sul terreno, fanno tranquillamente in formazione da battaglia 100 chilometri in due ore; gli aerei ci mettono otto minuti, decollo compreso, i razzi due.
C’è dunque un serio problema militare al nord di Israele. L’esercito iraniano non sarà granché, ma ha dietro una nazione di 80 milioni di abitanti (contro gli 8 di Israele) che è stata molto arricchita da i soldi che ha ricevuto da Obama e dall’appoggio tecnologico e finanziario dell’Europa (per fare solo un esempio, guardate qui come una società tedesca sta finanziando la guerra iraniana in Yemen). Tutte le provocazioni, le flottiglie, gli aquiloni, l’impudenza polemica dell’Autorità Palestinese, gli assalti di massa al confine di Gaza, le sciocche polemiche alimentate dalla sinistra contro la legge dello stato nazione di Israele sono “armi di distrazione di massa”, come ha scritto qualcuno su altre vicende, o se vogliamo parlarne in termini militari sono diversioni, tentativi di dividere le forse e la vigilanza dello stato ebraico. Di questo bisogna essere consapevoli, se si vuole capire quel che accade in Israele e dintorni.