È al ribasso la nuova corsa del petrolio

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Piero Di Nepi
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Medio Oriente

È al ribasso la nuova corsa del petrolio

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La cronaca corrente dei fatti mediorientali tende a nascondere le notizie vere sotto la cortina fumogena dei conflitti locali e quotidiani, che provocano angoscia, dolore e sofferenze individuali: ma tuttavia, di fatto, non hanno ricadute sulle tendenze profonde della politica e dell’economia. Lunedì prossimo, 15 dicembre, Benjamin Netanyahu volerà a Roma per un incontro urgente con il Segretario di Stato di Obama, ovvero il contestatissimo John Kerry. E questa è una notizia vera. Le ragioni del meeting sono tuttora riservate, anche se in via non ufficiale si accredita uno scambio di idee reso urgente dalle iniziative dei Parlamenti di Londra e di Parigi su un prossimo riconoscimento dello Stato palestinese.

Roma dunque sembrerebbe al centro della relazioni internazionali, nonostante le notizie avvilenti che caratterizzano queste settimane. Roma resta la città di Papa Francesco, di Sant’Egidio e dei rispettivi molteplici contatti, come anche la capitale temporanea dell’Unione Europea. Ma il Congresso USA, repubblicani e democratici in perfetta sintonia, ha appena varato una serie di misure stringenti per il controllo effettivo (ogni 30 giorni) del programma nucleare iraniano, accompagnandole con un finanziamento ingente a Israele per lo sviluppo dei sistemi d’arma missilistici, tanto di difesa che di attacco. E questa è un’altra notizia vera.

La notizia più vera di tutte le altre resta però sullo sfondo, ed è la nuova inedita, inaudita ed imprevista corsa del petrolio: una corsa al ribasso. Suggeriamo ai lettori di Progetto Dreyfus di seguire il sito ufficiale del Regno di Saudia (in italiano l’Arabia Saudita, naturalmente): www.arabnews.com. Due settimane fa avrebbero potuto scoprire che gli amministratori dell’industria petrolifera, considerano il prezzo di 45 dollari al barile realistico per il 2015, e anzi lo ritengono un target, un obiettivo. Salvo eventi eccezionali il consumo sarà di circa 28,92 milioni di barili giornalieri. Un barile di petrolio, misura ufficiale per il calcolo dei prezzi, equivale a 159 litri. Sono in tutto 12 i paesi OPEC (sigla per Organization of the Petroleum Exporting Countries) e coprono il 40% della produzione mondiale di petrolio greggio. benzina Il costo di estrazione nei paesi OPEC cosiddetti “emergenti” è attualmente stimato in 80 dollari al barile. Questi paesi stanno dunque producendo ed esportando in perdita. Iran, Nigeria e Venezuela sono “emergenti” aggressivi e problematici. La Nigeria è sconvolta dall’estremismo islamico di Boko Haram, Iran e Venezuela costituiscono una fonte inesauribile di problemi per i vicini. Negli anni ’70 e ’80 del secolo passato l’OPEC era praticamente onnipotente, e ricattava il mondo. Oggi tutto è cambiato. Russia, Stati Uniti, Regno Unito e Norvegia non fanno parte dell’OPEC. Per giunta si tratta soltanto di petrolio, il gas è a quote libere. Sono dunque i sauditi a determinare l’andamento dei prezzi, manovrando sulla quantità di produzione del Regno. Tutti si sono domandati, nelle scorse settimane, se l’intento fosse quello di danneggiare con questa corsa al ribasso la Russia di Putin come anche i produttori USA che stanno sconvolgendo il mercato grazie alle nuove tecniche di frantumazione sotterranea (fracking) degli scisti gassosi e bituminosi. La risposta è invece arrivata dal presidente iraniano Hassan Rohani, nella giornata di mercoledì 15 dicembre: la caduta attuale dei prezzi, nella valutazione dell’Iran, “is a treachery”. E cioè tradimento, slealtà, perfidia: traducete treachery come più vi piace.

Il bersaglio dei sunniti di Riyadh è dunque l’Iran perfettamente ariano della teocrazia sciita, con il suo programma atomico e il progetto di destabilizzare l’intero Medio Oriente, a partire dai paesi arabi del Golfo e l’intento finale di colpire Israele. Il 10 dicembre i contratti future per le consegne di gennaio 2015 erano a 62,37 dollari al barile. Il petrolio Brent del Mare del Nord, di migliore qualità e non condizionato dai conflitti in corso, chiudeva a 66,84. Con questi prezzi Iran e Venezuela saranno probabilmente in default già a primavera. E l’Iran, in particolare, dovrà scegliere tra grano, riso, mais oppure centrifughe per il plutonio. Ma il plutonio non è commestibile.

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