Israele ha colpito di nuovo due giorni fa la base T4, a Est di Homs nella Siria centrale, che aveva già pesantemente bombardato lo scorso 9 aprile. Sono state distrutte strutture militari e depositi d’armi e a quanto pare sono stati anche uccisi dei militari iraniani. Le fonti locali dicono che Israele ha usato una tattica nuova di volo radente per ingannare i potenti radar e armi contraeree che presidiano la base condivisa fra siriani, russi e iraniani.
La base dista diverse centinaia di chilometri dal confine israeliano, è una delle più importanti di tutta la Siria. Che l’aviazione israeliana si spinga tanto in profondità sul territorio siriano non fa più notizia, perché le missioni di interdizione dell’armamento di Hizbollah e della costruzione di una potenza militare iraniana in Siria sono ormai state centinaia e hanno una frequenza almeno settimanale. I giornali internazionali quasi non ne parlano più.
Si può dire insomma che sui cieli siriani ci sia una guerra d’attrito fra Israele e Iran (con i suoi satelliti dell’esercito di Assad e di Hizbollah e che Israele la stia vincendo. L’Iran infatti non è in grado di opporre resistenza a questi bombardamenti, né di ricambiarli, e neppure di tentare rappresaglie missilistiche, che sarebbero bloccate dai sistemi antimissili israeliani e soprattutto dalla deterrenza assicurata dalla superiorità aerea israeliana. Quel che fa l’Iran è cercare di avvicinare le sue truppe di terra ai confini israeliani, col pretesto di partecipare alla campagna di Assad per snidare gli ultimi ribelli sul fronte meridionale della guerra civile. Ma anche qui Israele ha minacciato di intervenire con le armi.
Questa inferiorità militare che Israele infligge all’Iran è importantissima non solo su quel fronte. E’ chiaro che la simpatia, diciamo così, che negli ultimi anni egiziani, sauditi e altri stati del Golfo persico mostrano per Israele e anche l’atteggiamento costruttivo che tengono rispetto alla questione palestinese dipende proprio dalla chiara capacità e dalla volontà decisa che lo stato ebraico dimostra di tenere a bada quella che è anche la principale minaccia alla loro sicurezza.
Sul piano politico la Russia ha accettato il diritto israeliano all’autodifesa, a patto che le sue truppe non siano minacciate e i suoi interessi strategici rispettati. E’ una strana situazione, in cui la Russia è teoricamente alleata di Assad e dell’Iran, ha un sistema di aviazione e antiaereo abbastanza potente sul territorio (meno di Israele però, su quel teatro di guerra), e però non interviene a difendere i suoi alleati. Anzi, è chiaro che c’è uno scambio di informazioni con Israele per evitare incidenti fra le due aviazioni, i cui campi d’azione si sovrappongono, e che però le informazioni non sono condivise con Iran e Siria.
E’ una situazione di equilibri che può durare a lungo o può rompersi in una guerra pericolosa, la sola oggi davvero in grado di minacciare Israele. Un occidentale come tanti che non conosca le regole della politica mediorientale e che magari pensi che i conflitti si risolvono con concessioni e buona volontà potrebbe chiedersi se Israele non “esageri” con questa autodifesa a distanza, se non sia addirittura affetto da qualche forma di imperialismo.
A parte che la distanza di Homs da Israele non è inferiore a quella di questa città dall’Iran e che bisognerebbe anche chiedersi che cosa fa l’esercito persiano lì, dato che non c’è ombra di ribelli o di Styato Islamico in zona, viene buono un discorso che ha fatto Hossein Salami, il vicecomandante delle forze rivoluzionarie islamiche (la milizia d’élite iraniana. Per capire che cosa succede in questo momento fra Iran e Israele è utile leggerlo tutto (qui la traduzione inglese), ma non si può non citarne qualche brano:
“Sono passati 70 anni da quando la politica dell’Inghilterra e dell’America ha piantato nel mondo islamico un albero maledetto e criminale [cioè Israele]. Per 70 anni questo pugnale avvelenato è stato incorporato nel corpo della Ummah islamica, e tutti i problemi di il mondo islamico derivano dall’esistenza del regime falso, contraffatto, storicamente privo di radici e privo di identità di nome Israele. […] Nel 1948, 1956, 1973 e 1982, l’America sostenne questo regime contro gli arabi, che non riuscirono a trionfare, e la disperazione prevalse nel mondo arabo, finché la luce dell’orgoglio apparve nel mondo e l’Imam [Khomeini] trasformò il cuore dell’Iran […e creò] un nuovo potere contro il male dell’arroganza [vale a dire gli Stati Uniti], contro i sostenitori del regime sionista e contro questo stesso regime. L’Imam [Khomeini] diffuse il programma di sradicare Israele [dal mondo] […] Quindi, la Palestina rinnovò la sua anima e divenne viva. Da allora, il regime sionista è pauroso, delirante e preoccupato. L’Iran non ha permesso al regime sionista di espandersi politicamente nel mondo islamico[…]..La rivoluzione islamica ha creato una potente potenza chiamata Hezbollah, che oggi, come riconosce lo stesso regime sionista, ha oltre 100.000 missili pronti per il lancio […]: una potenza tremenda che può da solo annientare il regime sionista: dato che esso non ha profondità difensive strategiche, e in alcuni luoghi, ha un’ampiezza di appena 34 km. Oggi un esercito islamico internazionale si è formato in Siria, e le voci dei musulmani si sentono vicino al Golan […] Si attendono solo gli ordini perché si realizzi la volontà di Dio di eliminare il malvagio [Israele] e la vita di questo regime finirà per sempre. La vita del regime sionista non è mai stata in pericolo come lo è ora. […] Dobbiamo strangolare i nemici da lontano. Non dobbiamo dare loro alcuna possibilità di avvicinarsi a noi o concentrarci su di noi. Li stiamo monitorando da lontano e li afferriamo per la gola da lì. Noi e il mondo islamico siamo tutti sulla stessa barca e la nostra sicurezza è interconnessa. Stiamo difendendo la Siria perché questa è la difesa degli oppressi e la difesa dell’Iran.[…] Stiamo creando potenza in Libano perché vogliamo combattere il nostro nemico da lì con tutte le nostre forze.”
Questa è l’ideologia e il progetto politico che motiva la presenza dell’Iran in Siria e Libano, espresso non da un politicante o da un sermone in mosche, ma da un capo militare. Difendersi da questo progetto , impedirgli di svilupparsi logisticamente e di costruire le sue basi è il minimo che qualunque stato deve fare per la tutela della propria sicurezza.