Legge sulla Shoah, la Polonia fa retromarcia

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 La Polonia ha scelto di fare retromarcia riguardo la legge sulla Shoah. Definire “polacchi” i campi di sterminio rimane vietato, ma l’infrazione non porterà ripercussioni penali ma esclusivamente civili.

A prendere la decisione è stato il primo ministro, Mateusz Morawiecki, del Partito della legge e della giustizia (Pis), che ha fatto passare in Parlamento un emendamento alla legge, la cui approvazione nel febbraio scorso aveva suscitato numerose polemiche:

 “La modifica era necessaria. Per noi resta imperativo difendere la nostra Storia, ma non possiamo imporlo a tutto il mondo fino a pene detentive”.

La parole di Mateusz Morawiecki sono state seguite da quelle del suo consulente Michal Dworczyk, il quale ha sottolineato che il mantenimento delle conseguenze penali avrebbero potuto distrarre dal vero obiettivo delle legge sulla Shoah: “Il buon nome della Polonia e della verità storica”.

Il passo indietro di Varsavia è stato salutato dal premier israeliano, Benjamin Netanyahu, cancellando così le polemiche che avevano accompagnato l’iter della legge:

“Mi felicito che il governo polacco, il Parlamento, il Senato e il presidente abbiano deciso di annullare quei paragrafi che avevano scatenato una tempesta e malumore in Israele e nella comunità internazionale”.

Sulla stessa lunghezza d’onda lo Yad Vashem, che ha apprezzato notevolmente la scelta del governo polacco, considerata “uno sviluppo positivo nella giusta direzione”.

Secondo la formulazione originaria delle legge, chiunque avesse fatto riferimento ai “lager polacchi” avrebbe rischiato il carcere fino a tre anni. Ora, invece, il dietrofront porterà con sé solamente pene pecuniarie.

La storia non si può cancellare. Non si possono cancellare le responsabilità, che non sono interamente additabili a una nazione intera ma  a parte dei suoi cittadini sì.

La decisione di Varsavia ha segnato un netto miglioramento delle relazioni con Israele, Usa e Unione Europea, che nei mesi scorsi non avevano mancato di esprimere le proprie perplessità per l’approvazione della legge.

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