Oskar Groening. Un nome e un cognome che riportano la mente all’inferno di Auschwitz, dove la disumanizzazione ha trovato linfa vitale anche grazie all’ex ufficiale nazista morto all’età di 96 anni.
Intorno alla figura di Groening si era tornati a parlare alcuni mese fa, quando il ricorso dei suoi legali contro la scarcerazione era stato respinto. In quell’occasione la Corte Costituzionale tedesca non l’aveva ritenuto troppo anziano e malmesso per sopportare il regime carcerario come sostenevano i suoi avvocati.
Oskar Groening era stato condannato nel 2015 con l’accusa di complicità nella barbara uccisione di 300mila ebrei.
La sua condanna ha portato con sé un significato particolare in Germania. Negli anni precedenti, infatti, diversi procedimenti contro gli ex appartenenti alle SS erano stati archiviati perché non vi erano prove sufficienti che li collegassero a specifiche uccisioni.
Lo stesso Groening testimoniò spontaneamente sugli atti atroci commessi ad Auschwitz, chiedendo scusa al popolo tedesco.
Oskar Groening era conosciuto come il “contabile di Auschwitz”: conteggiava e catalogava il denaro e i beni sottratti ai prigionieri che, una volta accumulati, venivano spediti a Berlino che dava seguito al processo di squalifica della vita umana.
Oskar Groening è morto. Con lui però non se ne vanno tutte le nefandezze commesse. Non se ne vanno anche dopo le sue scuse, tardive e inappropriate. Il tentativo dei suoi avvocati di sottrarlo alle orrende responsabilità non potevano trovare terreno fertile in alcun cavillo legale.