“Vi uccideremo tutti” e “Non vi vogliamo qui” sono solo alcune delle frasi che si sono sentiti rivolgere i membri della squadra israeliana di Judo durante i mondiali svoltisi lo scorso week-end a Rabat in Marocco. Per gli atleti israeliani i problemi sono cominciati già prima dell’arrivo in Marocco: lo Shin Bet infatti aveva annunciato alla delegazione giunta all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv che i suoi uomini della sicurezza non avrebbero accompagnato la squadra e hanno consigliato di cancellare la loro partecipazione alla competizione.
Moshe Ponti, presidente della federazione israeliana di Judo, ha deciso però di non rinunciare all’importante manifestazione sportiva, che con un buon risultato avrebbe garantito la partecipazione ai Giochi Olimpici del prossimo anno, e ha ottenuto dal comitato organizzatore la promessa che le guardie del corpo del re avrebbero protetto la delegazione israeliana durante il soggiorno a Rabat. Nel frattempo però il sito web ufficiale della competizione aveva già rimosso la bandiera israeliana e la lista dei partecipanti di Israele causando un certo malcontento tra i vertici della federazione israeliana.
Giunti a Rabat gli atleti sono stati tenuti all’aeroporto per più di otto ore in una stanza senza sedie, acqua e cibo. La motivazione fornita dalle autorità marocchine è stata che gli atleti non disponevano del visto necessario e hanno aggiunto che uno di questi aveva un’arma nella sua valigia. Anche durante il primo giorno della competizione l’ostilità nei confronti degli israeliani era palpabile: nessuna bandiera per lo Stato ebraico e un comportamento altamente anti-sportivo da parte del pubblico che ha continuamente minacciato di morte gli atleti israeliani.
Nonostante questo la federazione israeliana ha raggiunto dei buoni risultati con due atleti piazzati quinti e tre al settimo posto. Secondo Yarden Gerbi, ex campione del mondo, “ciò che è successo in Marocco è una disgrazia. Mi vergogno di cosa è accaduto all’aeroporto e durante le gare. Siamo andati li per lo sport e non per la politica.” Moshe Ponti invece ha voluto ribadire che “gli atleti israeliani continueranno ad andare in tutti i paesi arabi che lo permettono, abbiamo fatto la cosa giusta.”