Sei persone sono state accoltellate giovedì alla Jerusalem Gay Pride Parade da un ultra-ortodosso che aveva commesso lo stesso crimine dieci anni fa. Il suo nome è Yishai Schlissel ed era stato scarcerato tre settimane fa. Due dei feriti, una ragazza adolescente e un uomo ventiseienne, versano ora in gravi condizioni.
Schlissel ha rifiutato qualsiasi consulenza legale e ha detto di non riconoscere la giurisdizione della Corte perché non rispetta la legge ebraica. Sono stati ritrovati alcuni manifesti distribuiti proprio da Schlissel nelle scorse settimane in cui la marcia per i diritti dei Gay viene definita vergognosa e blasfema. Inoltre nel manifesto Schlissel sembra anticipare l’attacco: “E’ dovere di ogni ebreo rischiare il carcere e le percosse per fermare la sconsacrazione della santità del nome di Dio. Se non dichiariamo guerra a queste persone saranno libere di diffondere la vergogna in tutto il mondo.”
Il Premier Benjamin Netanyahu ha affidato ad una dichiarazione ufficiale la sua risposta: “Parliamo di un grave incidente, nello Stato d’Israele la libertà di scelta è uno dei valori fondamentali che continueremo a rispettare. Dobbiamo garantire che in Israele ogni uomo e ogni donna vivranno in sicurezza indipendentemente dal loro orientamento sessuale.”
Itzik Shmuli, esponente del partito di centro-sinistra israeliano Unione Sionista, ha deciso di fare coming out in seguito all’accoltellamento. Il parlamentare ha pubblicato un articolo intitolato “il coltello puntato contro la mia comunità” sul quotidiano Yedioth Ahronot.
“Non possiamo più rimanere in silenzio, non possiamo perché un coltello è stato puntato contro tutta la comunità LGBT, la mia comunità, e non si fermerà qui.” Per Shmuli si tratta del primo commento pubblico sulla sua sessualità nonostante questo argomento sia stato oggetto di speculazioni in passato al punto che alcuni attivisti LGBT avevano chiesto a Isaac Herzog, leader di Unione Sionista, di cacciarlo dal partito per la sua riluttanza a parlarne.