Antisemitismo. Una parola che torna ciclicamente nelle cronache internazionali. Dopo la decisione di Donald Trump di riconoscere ufficialmente Gerusalemme la capitale d’Israele, si sono susseguiti gli episodi contro gli ebrei e lo Stato ebraico. Alle dichiarazioni contrarie delle ore immediatamente successive sono seguite azioni concrete che hanno fatto scattare l’allarme.
In Svezia un gruppo di individui mascherati ha assaltato una sinagoga nel centro di Goteborg, la seconda città più importante dopo la capitale Stoccolma. Gruppo che ha lanciato molotov contro l’edificio seminando il panico tra i presenti, costretti a rifugiarsi nei sotterranei prima di poter uscire in sicurezza dopo l’intervento della polizia.
L’assalto non ha provocato né morti, né feriti, ma è la cartina di tornasole dell’aria che si sta respirando dopo il riconoscimento americano, soprattutto in considerazione del fatto che la sinagoga è il luogo di preghiera degli ebrei.
Al momento le forze dell’ordine non hanno fornito informazioni su quanto accaduto. Le indagini sono in corso, anche da parte della Sapo, il servizio segreto svedese che nei mesi scorsi aveva ammonito sul pericolo dell’ultradestra e sulla matrice antisemita di alcune fasce di immigrati islamici.
L’antisemitismo, poi, è sceso in Olanda e in Germania. Ad Amsterdam la polizia ha arrestato un uomo che aveva distrutto una vetrina di un ristorante kasher, mentre a Berlino si sono svolte due proteste distinte e separate in segno di protesta contro la decisione del presidente Trump, in cui sono state bruciate bandiere israeliane e dove alcuni hanno udito slogan contro gli ebrei.
Ricapitoliamo. Donald Trump riconosce Gerusalemme capitale d’Israele e le manifestazioni d’odio sono state rivolte per lo più nei confronti dello Stato ebraico e del suo popolo.
Un soggetto “passivo” che diventa il bersaglio perfetto per una campagna di intolleranza.
Perché? Perché la questione di Gerusalemme non è che un altro pretesto per attaccare Israele e gli ebrei. Un pretesto e nient’altro…