La bomba del 25 aprile è scoppiata e qualcuno si stupisce se associazioni storiche, come quella degli ex deportati nei campi nazisti o dei combattenti delle forze armate regolari, si rifiutano quest’anno di partecipare al consueto corteo organizzato dall’ANPI. Non stupitevi troppo, invece, perché questa dolorosa scelta non è piovuta dall’oggi al domani, ma è la conseguenza della piega politica che la manifestazione ha assunto da qualche anno a questa parte. Le istituzioni, i movimenti e i partiti che si oppongono a questo tipo di celebrazione si esprimono giustamente con termini diplomatici, ma i cittadini romani e italiani più in generale, devono sapere cosa è successo alle manifestazioni del 25 aprile di Roma negli scorsi anni. E non si tratterà l’argomento di Milano perché Progetto Dreyfus è stata presente soltanto alle manifestazioni della Capitale. Si parla quindi esclusivamente di esperienze vissute e non di voci circolanti.
Da molto tempo l’ANPI ha accettato di buon grado la partecipazione di una rappresentanza della Brigata Ebraica al corteo del 25 aprile, chiedendo agli organizzatori di sfilare con lo striscione proprio dietro a quello dell’ANPI nazionale. Questo perché la Brigata Ebraica fu una formazione militare composta da volontari ebrei dell’allora Palestina che decisero di arruolarsi tra le fila dell’Ottava Armata Britannica con un proprio vessillo: la stella di David su sfondo bianco e celeste, simile a quella che poi sarebbe diventata la bandiera dello Stato d’Israele quattro anni dopo. Si può dire che quei 5.000 ragazzi erano gli israeliani di ieri, nonché coloro che tornati dall’Italia combatterono per l’indipendenza e l’autodeterminazione del popolo ebraico attraverso la fondazione dello Stato d’Israele. Partirono da Taranto e risalirono la penisola italiana fino all’Emilia Romagna, dove combatterono fianco a fianco con i partigiani italiani liberando numerose città.
Tutto regolare, se non fosse che alcune organizzazioni intolleranti hanno preso sempre più piede in seno alla manifestazione, fino ad arrivare a fomentare gruppi di ragazzi e ragazze. Si è arrivati così ad una edizione in cui il combattente italiano ed ebreo Angelo Di Segni e il sopravvissuto ad Auschwitz Piero Terracina sono stati insultati e perfino aggrediti. Forse non è immaginabile cosa significhi sentirsi dare del fascista dopo aver combattuto per la Liberazione e dopo esser tornato dall’inferno di un campo di sterminio.
Fatto sta che gente di questo calibro si è fatta sempre più strada all’interno del corteo, fino a che il Vicepresidente dell’ANPI non è stato spinto ad escludere la Brigata Ebraica dagli interventi sul palco, ogni anno con una scusa diversa. Aveva paura? È solo questione di non avere polso? Forse vi erano altre ragioni. Non si sa, ma lo scorso anno dopo ripetute provocazioni e tentativi di cacciare la B.E. dal corteo, si è arrivati quasi alle mani. Nel frattempo, è cresciuto il numero di bandiere palestinesi che volevano contrapporsi a quelle israeliane che portava chi non era in possesso dei vessilli della Brigata Ebraica (non è facile trovarli). Ad un tratto la festa della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo è diventata una lotta al fianco dei palestinesi contro Israele. Poi, una lotta contro gli ebrei.
La situazione ha toccato il fondo il 30 marzo di quest’anno, quando alla riunione per l’organizzazione del corteo si sono presentate associazioni non invitate che hanno stravolto l’incontro e minacciato i rappresentanti della Brigata Ebraica di non provare a presentarsi perché “non saranno tollerati”. Questi i nomi delle organizzazioni: Fronte Palestina, Rete Romana Palestina, Rappresentanza Palestina in Italia. Spinti e introdotti dai centri sociali e dai partiti comunisti.
Dunque, se non è chiaro il messaggio: i palestinesi, all’epoca alleati di Hitler, insieme ai filopalestinesi italiani, vogliono cacciare dalla festa di Liberazione la Brigata Ebraica che ha combattuto contro il nazifascismo. E ci sono riusciti. Negli anni della seconda Guerra Mondiale vi era chi stava dalla parte giusta e chi dalla parte sbagliata e chi nega queste pagine della Storia si macchia di revisionismo. Forse, l’ANPI dovrebbe riprendere in mano le redini della situazione, ristabilire i valori portanti del corteo e riportare i fatti storici al centro delle decisioni operative. Se non è in grado di farlo, la manifestazione non ha più motivo di esistere.